Il primo nome è stato identificato. La Digos ha individuato uno dei presunti responsabili degli scontri avvenuti sabato pomeriggio davanti al Cimitero Maggiore, tra un gruppo di autonomi scesi in piazza contro l’apertura del circolo di estrema destra Cuore Nero e la polizia schierata a evitare le due frange venissero a contatto. L’uomo, 45 anni, sarà denunciato oggi alla Procura con le accuse di lesioni, violenza privata e resistenza a pubblico ufficiale. Stando ai filmati presi in esame dalla polizia, sarebbe lui ad aver colpito con un pungo un agente. Appartiene all’area «antagonista», non è un attivista del centro sociale Torchiera (com’era stato ipotizzato in un primo momento), e ha precedenti per reati comuni. Già oggi, quasi certamente, la Digos consegnerà ai magistrati la prima informativa sul sabato di guerriglia, in cui sarà ricostruita - sulla base delle riprese televisive, di quelle della scientifica e dei filmati che circolano sul web - la dinamica degli scontri e indicato il nome di quello che - con ogni probabilità - sarà il primo indagato. Il primo di un gruppo che non dovrebbe essere molto allargato. Una ventina di persone coinvolte più direttamente nei disordini, ma l’attenzione degli investigatori si sta concentrando su quattro o cinque autonomi che nel corso delle due cariche si sarebbero resi protagonisti della vera e propria aggressione alle forze dell’ordine. Al momento, invece, la relazione della Divisione investigativa non contiene ipotesi di reato a carico dei militanti di Cuore Nero. Sarà la Procura, in un secondo momento, a valutare se aprire un fascicolo nei confronti dei membri del circolo di ultradestra, che potrebbero essere accusati di apologia del fascismo. Uno scenario, quest’ultimo, ancora da definire. Già chiari, invece, i toni della politica. L’attacco più duro arriva dall’assessore regionale ai Giovani e allo sport, Pier Gianni Prosperini. «Se vogliono la guerra - dice - gliela daremo, non possiamo permettere a nessuno, né bianchi né neri, di turbare l’ordine pubblico». E senza mezzi termini punta il dito contro le «canaglie dei centri sociali». «Non ho nessun timore di riverberi degli anni ’70 - spiega infatti - le canaglie dei centri sociali di stampo comunista sono relegate nell’inferno da cui provengono». Niente di meno. Perché «quelli di destra hanno le loro idee», ma «non è permesso a della gentaglia di fare rappresaglie simili». Per questo, «se vogliono la guerra, gliela daremo». Per il presidente della Provincia, Filippo Penati, è necessario che le istituzioni «non abbassino la guardia».
«Credo che la tradizione democratica a Milano sia così forte - commenta l’inquilino di Palazzo Isimbardi - che una minoranza così esigua di estremisti non possa preoccuparci più di tanto». Ma «le istituzioni non devono però abbassare la guardia di fronte al ritorno di gruppi che si rifanno a ideologie e simboli di un tragico passato».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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