Il centro si trasforma in un suk E gli abusivi sfidano i controlli

Da piazza San Babila all’ingresso del Castello Sforzesco fanno qualcosa come 2,5 chilometri di asfalto e portici, senza considerare le viuzze del parco Sempione e le decine di strade che tagliano il centro storico all’ombra della Madonnina. Mai visto un centro commerciale così. Capace di ospitare milioni di visitatori e turisti. Insomma un target - dicono gli uomini del marketing - estremamente diversificato per età, condizione sociale e di portafogli, perfino provenienza geografica. Davvero niente male come piattaforma commerciale, specie ora che la città si rimbocca le maniche in vista dell’Expo del 2015.
Peccato che tutto ciò, nei week end e soprattutto in quest’ultimo lungo ponte del 1° maggio, sia nelle mani delle persone sbagliate, cioè delle centinaia di abusivi che hanno letteralmente invaso ogni centimetro quadrato a disposizione. Indisturbati o quasi, hanno potuto mettere in bella mostra e piazzare a prezzi sempre più competitivi il vasto campionario di taroccamenti, sole, scopiazzature più o meno riuscite di quelle griffe invece esposte nelle vetrine a tariffe da rata di mutuo. «È l’anima del commercio, bellezza» sembrano suggerire i gestori dei tali bazar sistemati sui marciapiedi. Basta un attimo, ed ecco rovesciare per terra lenzuola e cartoni. I «negozi» offrono in ordine sparso: ombrelli, occhiali da sole e da vista, calze, mutande, riviste, pupazzi danzanti e magnetici, elicotteri radiocomandati, pashmine, braccialetti, cinture, collane, addirittura cibi e alcolici, naturalmente le immancabili borse in ogni forma-colore-materiale. Prada, Louis Vuitton, Fendi, Armani o storpiature ortografiche che un occhio solo non farebbe fatica a notare. Ma, del resto, cosa importa quando puoi ingannare te stessa e le amiche sfoggiando il modello altrimenti irraggiungibile passando attraverso un regolare scontrino con (molti) zeri in più?
Le trattative, al centro commerciale parallelo aperto lungo corso Vittorio Emanuele, via Mercanti, via Dante e piazza Cairoli, funzionano così. Non arrendersi affatto se l’abile venditore senegalese parte chiedendo 60 euro per una borsetta d’imitazione di una marca nemmeno tanto riuscita bene. Insistendo e contrattando, tira e molla, alla fine puoi portare a casa il prodotto in questione con un ulteriore sconto del 70 per cento. Africani, cingalesi, pachistani, storici proprietari delle boutique «vù cumprà», hanno dovuto adeguarsi. Provate voi a concorrere con l’abbigliamento e gli accessori made in China: 5 euro per un paio di scarpe e 3 al massimo per una cintura «in vela pelle». E poi, meglio afferrare il contante in fretta senza troppe discussioni al centesimo. Capita che spunti una pattuglia delle forze dell’ordine: sono da 12 a 14 gli agenti delle pattuglie interforze in servizio quotidiano diurno nell’area Duomo. E allora si assiste al fuggi fuggi coi borsoni e i sacchi sulle spalle. In pochi secondi sparisce il suk com’è comparso, lasciando per terra buste di plastica e qualche ombrello che, difettoso, già non si chiude più. Anzi no, sull’asfalto resta la coperta sgargiante del venditore di tarocchi. In questo caso, però, sono le carte. «Come si fa a multare chi sa leggerti il destino?».


C’è poco da ridere, oltre alla beffa di chi te la combina sotto gli occhi c’è il danno derivante dal mercato del falso, multinazionale dell’inganno e dello sfruttamento (materiale e intellettuale), costa alle imprese milanesi tra i 200 e i 250 milioni di euro l’anno; il 16 per cento della merce sequestrata sul territorio italiano viene dalla Lombardia, per cui si stima una perdita secca fino a 500 milioni di euro.

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