Dopo il voto, riecco le riforme. E nel Pd, in ambasce proprio per lesito delle urne, ci si spacca sulla linea. Dialogare o no? E su che basi? I fedelissimi di Veltroni mostrano interesse al semi-presidenzialismo alla francese, e la componente ex Dl mantiene le riserve storiche sullelezione diretta del capo dello Stato. E il segretario? Pierluigi Bersani aspetta nuove dal vertice tra Berlusconi e Bossi senza sbilanciarsi: «Sono due anni che li aspettiamo in Parlamento, vedremo se stavolta lo faranno sul serio». Il punto di partenza per il Pd ufficialmente resta la bozza Violante, in attesa di vedere le carte della maggioranza. Il risultato è che il colore scelto dallopposizione sulle riforme è indefinito. Per dirla con Nicola Zingaretti, presidente della Provincia di Roma, il tema tradisce un«assenza di identità» del Pd. Troppo diverse le posizioni sulle ipotesi di modifica di istituzioni e legge elettorale: modello tedesco (sponsorizzato da Massimo DAlema), modello francese per Veltroni e Franceschini (che due anni fa ipotizzò che la figura del capo dello Stato fosse «simile a un sindaco dItalia», incassando il plauso di An), insieme al sistema elettorale a doppio turno. E se non cè dunque una chiusura a prescindere sul presidenzialismo in sé nel Pd, manca un accordo condiviso sul modello di riferimento per le riforme. Il rischio, per qualcuno, è perdere unoccasione.
«Se i due pezzi più ragionevoli della maggioranza, cioè la Lega e Fini, riprendono cose dette da noi sin dallinizio, auspico che si rifletta prima di chiudere in modo preconcetto», è linvito al proprio partito del senatore Pd e costituzionalista Stefano Ceccanti.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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