Cesa: «Le leadership non si impongono Solo la sinistra lo fa»

«Noi e Forza Italia siamo nel Ppe, il dialogo è facilitato»

Cesa: «Le leadership non si impongono Solo la sinistra lo fa»

da Roma

Onorevole Lorenzo Cesa, Silvio Berlusconi da Gubbio rilancia l’idea di un grande partito dei moderati. È un progetto che all’Udc può interessare?
«Realizzare un progetto di aggregazione partendo dall’alto è un errore. Lo dimostra è ciò che sta accadendo nel Partito democratico dove si scontrano non su progetti politici ma su questioni di potere. A sentire quel che dicono i candidati alla guida del Pd, sembrano più avversari che colleghi di partito».
Qual è la via alternativa alla costruzione dall’alto del partito unitario?
«C’è un problema di fondo oggi nel Paese: con il sistema bipolare che c’è non si riesce a governare. Prodi dice che vuole andare avanti a prescindere da tutto. Ma con questa maggioranza è paralizzato e i cittadini lo sentono sulla loro pelle. Berlusconi dice che andremo a votare ad aprile. È un anno che lo dice ma ogni volta l’effetto spallata non c’è e non si arriva mai al voto. La verità è che bisogna innanzitutto cambiare le regole e poi ripensare i contenitori».
Ma è ipotizzabile che l’Udc possa ritrovarsi con Forza Italia in un unico soggetto politico?
«Innanzitutto voglio ribadire - come farà tutto il partito a Chianciano da giovedì - che siamo alternativi alla sinistra. Naturalmente quando parliamo di partito dei moderati questo non vuol dire non farlo con Fi. Anzi appartenendo entrambi al Ppe dovrebbe essere anche più facile dialogare. Il punto, però, è che il partito dei moderati non si realizza facendo la somma dell’Udc con Fi o con l’Udeur. Non è un problema di accorpamenti ma di sostanza: occorre un processo politico ampio e nuovo».
Ritiene che questo processo possa seguire vie diverse da quelle della politica?
«Non voglio certo escludere i partiti. Ma questo processo va allargato anche ad altri ambienti, ad esempio ai movimenti di base del mondo cattolico. Penso a Pezzotta, alla Roccella, alla Cisl di Bonanni, al Movimento Cristiano Lavoratori, a una parte delle Acli, alla Confartigianato, alla Coldiretti e alla Confagricoltura».
Luca Cordero di Montezemolo può essere parte di questo progetto?
«Perché no? Il nostro sogno è coinvolgere tutti coloro che sono interessati a moderare la politica e a risolvere il grande problema che frena l’Italia da 15 anni: garantire governabilità e realizzare le riforme di cui abbiamo assoluto bisogno».
Nel novero delle alleanze future dell’Udc è possibile escludere quella con il Pd?
«Nel modo più assoluto. Lo ripeto: siamo alternativi alla sinistra, lo sanno bene anche gli amici del centrodestra. Ora si invoca la fusione dei gruppi ma il coordinamento tra i gruppi esiste già di fatto. Abbiamo votato molto spesso allo stesso modo, differenziandoci quando - come sull’Afghanistan - non vedevamo alcuna ragione per modificare la scelta di sostenere con grande convinzione i nostri ragazzi impegnati in una serie di difficili missioni di pace».
Ritiene che il nuovo partito dovrebbe contemplare lo strumento delle primarie?
«L’importante è non imporre una leadership a tavolino come sta facendo il Pd. I partiti, se vogliono essere credibili, devono far rispettare la democrazia al loro interno. E di certo le primarie sono uno strumento democratico».
Berlusconi definisce «antistorico» il progetto di un grande centro.
«Il nostro disegno è ben altro, non è una sommatoria geometrica né una riesumazione della vecchia Dc, anche se siamo orgogliosi dei nostri valori. L’obiettivo è coinvolgere nuovi ambienti, un’idea che dovrebbe interessare anche a Berlusconi».
Semplificare lo scenario politico può rappresentare anche una risposta al virus dell’antipolitica?
«C’è una crisi seria del sistema perché dalla politica non arrivano risposte e c’è una grande insoddisfazione per la condizione economica del Paese.

Serve una presa di coscienza e riforme che consentano una chiara governabilità, riducano il numero dei parlamentari e modifichino il bicameralismo perfetto. Ma per fare questo l’unica soluzione è un governo di responsabilità nazionale che duri un periodo predeterminato».

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