Cesare Battisti è in Brasile a godersi il sole, la spiaggia e le belle donne. La colpa? «Delle dichiarazioni avventate di Gasparri e La Russa». Il grande gelo tra Italia e Brasile quando si scioglierà? «Solo quando cambierà il governo». Perché il Brasile non lo ha estradato? «Berlusconi ha ridicolizzato l'Italia». Convinzioni che arrivano dal pubblico accorso alla Festa dell'Unità per partecipare al dibattito sul caso Battisti moderato da Massimiliano Lussana, caporedattore de il Giornale di Genova. Un incontro che scaturisce dal libro del magistrato Giuliano Turone e dalla domanda provocatoria sull'ex braccio armato dei Pac: «Un terrorista omicida o un perseguitato politico?». E se per la senatrice del Pd Roberta Pinotti il governo italiano ha sottovalutato il caso, a fare un po' di chiarezza sui reali motivi che hanno portato il Brasile a liberare Battisti ci pensa Donato Di Santo, già sottosegretario agli esteri per il Pd e profondo conoscitore delle dinamiche latino americane. La verità, secondo Di Santo, è da ricercarsi nel paese sud americano.
La liberazione di Battisti sarebbe infatti dovuta ad un gioco politico brasiliano pre elettorale; un intrigo, o meglio un pasticcio, che vede protagonisti l'ex presidente Lula e soprattutto l'allora ministro alla giustizia Tarso Genro. Siamo a cavallo tra il 2008 e il 2009; Genro, ambizioso ministro ed esponente moderato del Partito dei Lavoratori, capisce che nel 2010 la successione di Lula non spetterà a lui ma alla collega Dilma Rousseff, alla guida della Casa Civil e già ministra per le miniere e l'energia. Per l'ambizioso ministro è una doccia fredda. Il Guardasigilli brasiliano decide allora di spogliarsi dei suoi panni da moderato e diventare capofila della sinistra interna accordando lo status di rifugiato politico a Battisti nonostante il parere contrario espresso dal Conare, il comitato brasiliano che esamina le richieste di asilo politico. Ma non finisce qui, perché nel novembre del 2009 il Supremo Tribunal Federal ritiene illegittima la decisione assunta alcuni mesi prima dal Guardasigilli; il massimo organo giudiziario brasiliano, favorevole all'estradizione di Battisti, lascia però l'ultima parola a Lula. Una decisione che mette in difficoltà il presidente, trascinato in una rete di problemi dalla quale ne sarebbe stato volentieri fuori. E così, con la spada di Damocle delle elezioni sulla testa, Lula conferma la decisione del suo ministro per paura di perdere voti. Insomma, una fortunata coincidenza avrebbe portato Battisti al posto giusto nel momento giusto.
Ma altre convinzioni sono state smontate durante il dibattito. Quella del processo in contumacia per esempio, non può rappresentare una scusa per i paesi che hanno negato l'estradizione di Battisti: «La Corte Europea per i Diritti dell'Uomo ha infatti sottolineato come l'iter processuale sia stato aderente a tutti i principi» afferma Turone.
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