In via Cesarea si ride in dialetto

Marzia Fossati

L’ultimo tempio superstite della cultura dialettale genovese sta per riaprire i battenti. Il Teatro della Gioventù di via Cesarea, unico baluardo rimasto a celebrare gli antichi fasti della commedia goviana nella sua città natale riprende la programmazione venerdì prossimo, e apre le danze con il «Martin Toccaferro» di Gilberto Govi, a ingresso gratuito (per non sforare dalla tradizione genovese), previa prenotazione.
Ma il ricco programma per questa stagione 2005/2006 non si limita soltanto alla ritrovata commedia dialettale, anche se la farà da padrona nella prima parte del cartellone, perchè nella seconda metà della stagione, il programma subirà una brusca sterzata verso la commedia brillante dei grandi autori, come quella del pluripremiato Neil Simon, presente con due opere, «La strana Coppia» a febbraio e «Plaza suite» a marzo. Sempre nel mese più pazzo dell’anno il pubblico avrà poi la possibilità di divertirsi con l’intramontabile Woody Allen di «Provaci ancora Sam» e il sempre verde Moliere del «Medico per forza»; altri classici del divertimento senza tempo saranno poi di scena a maggio con «L’amore delle tre melarance» di Carlo Gozzi e «La palla al piede» di Feydau.
Facendo un balzo indietro per ritornare ai giorni nostri, nell’immediato autunno le serate dialettali del teatro si alterneranno ai momenti di cabaret e alla rassegna «Rockland», una serie di giovedì dedicati al rock a cura di «Black Window», il celeberrimo negozio di dischi specializzato in chicche rocchettare e rarità in vinile, insostituibile mecca dei cultori del genere, il cui sito, via del Campo, è ormai considerata la strada simbolo della musica per antonomasia, almeno nel capoluogo ligure.
Il Teatro della Gioventù si propone quindi come il teatro per tutti, rigettando in toto il vecchio luogo comune per cui il dialettale è «roba da vecchietti», impegnandosi a variegare il più possibile la sua programazione al fine di non smentire il suo nome e vincere la sfida di quest’anno: riuscire ad accontentare una fetta di pubblico vasta ed eterogenea per attitudini ed età. Sfida questa resa ancora più impegnativa dal fatto che questo teatro è l’unica struttura nel suo genere a non beneficiare di qualsivoglia sovvenzione, pubblica o privata che sia. È infatti il pubblico a costituire l’unica possibile entrata, il pubblico unico giudice e padrone in grado di decidere il futuro di questa struttura, che se incontrerà il suo favore avrà la possibilità di proseguire la sua avventura, altrimenti, in mancanza di un gradimento oggettivo, si ritroverà costretto a chiudere i battenti.

«Noi dipendiamo unicamente dal pubblico» diceva Govi, ed è «un ottimo incentivo - aggiunge il direttore del teatro Giunio Lavizzari Cuneo - un incentivo che altrove, dove abbondano le commissioni statali è andato un po’ perduto, ma, del resto, la nostra scelta è stata quella di dare spazio a chi non ha spazio, e di riportare la gente a teatro, strappandola dalla tv».

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