Che buoni i pancakes, mi hanno salvato la vita

Se Rodney Bradford fosse riuscito a trovare i suoi pancakes adesso sarebbe in carcere con l'accusa di furto. Invece Facebook lo ha salvato e il ragazzo è stato prosciolto dai giudici dall'accusa di aver commesso un furto. Infatti è bastata la semplice domanda «Dove sono I miei pancakes?» per fornire l'inattaccabile alibi all'imputato. I legali del minorenne hanno infatti dimostrato che il giovane si trovava nel suo appartamento di Harlem e non in quello di Brooklyn dove è stato commesso il furto, presentando i tabulati elettronici in cui Rodney stava chattando su Facebook con la propria ragazza. Così, dopo dodici giorni di custodia cautelare in carcere il giovane è stato liberato. L'atto di chattare con un conoscente in uno spazio virtuale (Facebook) è stato considerato dai giudici una prova a favore della difesa legale del ragazzo. Un caso interessante. Si tratta del primo caso in cui un post su un social network è considerato un alibi nell'ambito di un processo.

Certo, ogni aggiornamento su Facebook riporta l'ora e la data in cui è avvenuto, e certamente chi ha scritto quella frase conosceva i dati di accesso all'account del giovane Bradford, ma può bastare? Un simile precedente legale rischia di creare la figura del complice virtuale, qualcuno che può coprire le spalle al proprio socio semplicemente restando a casa sua e usandone il computer.

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