da Milano
«Ho votato per una collega che era in bagno, e allora?». Il tono è quello fra lindignato e lindispettito di chi è stato spiato dal buco della serratura. Eppure è uno scatto in primo piano quello che immortala Livia Turco con le mani nella marmellata, una qua e una là su due pulsanti contemporaneamente, a votare per sé e in conto terzi. Forse sta pensando alle parole che Oscar Luigi Scalfaro disse nel 2002: «Chi vota per un altro imbroglia». O a quelle di Nicola Mancino: «Il voto su delega è irregolare anche se il collega è assente per poco». Come che sia, lei non ne vuol parlare, punto e basta. Non le pare rilevante. O forse sì, ma tantè. Nemmeno il fenomeno pianisti in generale, vuole approfondire, i sempre presenti che coprono quelli che alla Camera, ma lo spartito è lo stesso per il Senato, non ci vanno mai, che siano in missione per conto di non si sa chi o a fare shopping il risultato non cambia, la diaria la prendono lo stesso. La telefonata dura più o meno 50 secondi e va così.
Pronto, Livia Turco?
«Sì?».
È il Giornale.
Silenzio.
Disturbo?
«Dica».
Cè una sua foto in aula mentre fa la pianista.
«Io non sono una pianista».
Sì, però cè quel primo piano, e volevamo sapere come mai...
«Non ho nulla da dire».
Lei ha fama di essere persona seria e attenta alle regole...
«Ecco, appunto, io lo sono, serissima, e sono sempre attenta alle regole».
E però questa volta...
«Se mi è capitato una volta di dare un voto anche per una collega che era in bagno in quel momento non ci vedo nulla di grave».
È il fenomeno, che è grave, forse possiamo parlarne, soprattutto dopo che i presidenti delle Camere hanno annunciato la linea dura...
«Non mi interessa rilasciare interviste su questo tema, grazie e arrivederci».
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