Che errore multare chi passa col rosso per salvare un cane

di Oscar Grazioli

Dunque la notizia è che non soltanto i privati cittadini, ma che anche i medici veterinari non hanno diritto a un’eccezione nell’esercizio urgente della loro professione. E questo la dice lunga su quanta strada dobbiamo ancora fare in Italia per la reale tutela del benessere animale. Tutti si riempiono la bocca con il welfare animale e i diritti degli organismi senzienti, poi, quando dalle parole si passa ai fatti, ecco che il legislatore sembra avere ben più scarsa sensibilità, e non soltanto a parole.
Così la commissione Lavori Pubblici del Senato ha respinto l’emendamento che doveva riconoscere lo stato di necessità in materia di sicurezza stradale. Una decina di senatori, prima firmataria Silvana Amati, avendo recepito le istanze dell’Associazione Medici Veterinari Italiani (Anmvi), chiedeva che venisse riconosciuto lo stato di necessità per il trasporto di un animale in gravi condizioni di salute. L’Anmvi, rammaricata per la decisione presa dalla commissione, fa rilevare giustamente che non approvare questo emendamento significa «il disconoscimento del diritto di cura del paziente animale in condizioni di gravità e di urgenza» e si augura che esso sia riproposto a Palazzo Madama per un riesame.
Personalmente inviterei i senatori che hanno proposto l’emendamento a prendere in considerazione un altro aspetto dell’attività professionale del medico veterinario, sempre attinente al codice della strada. È frequente, infatti, che chi si trova a correre, oltre i limiti di velocità, perché chiamato per un caso urgente, a differenza del medico umano, sia sanzionato. Poi ricorrerà al giudice di pace, il quale, a seconda della sua sensibilità, cancellerà o meno la sanzione. Dato che il trasporto di un animale non è attività consueta e non riguarda abitualmente l’operato del medico veterinario, sarei molto più soddisfatto se mi fosse riconosciuta l’eccezione alle regole del codice stradale quando sono chiamato in emergenza a domicilio per un cavallo (difficilmente trasportabile) che rischia di morire o, in clinica, per un cane o un gatto che necessita di un intervento chirurgico immediato per avere salva la vita.
Massimo Raviola, veterinario e presidente dell’Associazione Veterinari Titolari di Struttura (Assovet), afferma: «Il legislatore non dovrebbe dimenticare che la nostra è una professione medica a 360 gradi che si occupa prevalentemente di curare pazienti animali ma al contempo deve saper prevenire o gestire traumi e malattie che dagli animali possono essere trasmesse all’uomo». Concordo ampiamente con il collega Raviola che mi ricorda i numerosi casi in cui sono stato chiamato in situazioni di assoluta emergenza, quali il cane che stava attaccando gravemente un bambino o quello ferito dalla polizia, entrata a caccia di un ladro nel giardino di un avvocato. Come si fa a non correre in casi simili e perché, oltre alle preoccupazioni di un delicato «mestiere» si devono aggiungere le paturnie di veder spuntare la paletta di un vigile che non sente ragioni e ti obbliga al «patente e libretto», mentre dieci minuti più avanti sta accadendo una piccola o grande tragedia? C’è da dire che qualche miglioramento, per quanto riguarda gli animali, è stato approvato. Ad esempio, l’omissione di soccorso, in caso d’incidente, anche per gli animali d’affezione, da reddito o protetti, prevede ora una sanzione amministrativa.

Davanti a un animale incidentato sulla strada non si potrà (potrebbe) più sgommare fregandosene altamente. Ma se un veterinario sgomma un tantino per salvare una vita, non credo sia uno scandalo chiedere la giusta clemenza.

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