Che errore il no della Curia alla Bibbia nelle scuole

C’è un limite anche alla multiculturalità, esperienza che, tra l’altro, io credo sia fallimentare. Perché negare la diffusione gratuita della Bibbia nelle scuole? Forse perché la conoscenza della religione giudaico-cristiana è ben conosciuto, o forse perché si rischia di urtare la sensibilità dei molti ragazzi di religione islamica presenti nelle nostre scuole? Andiamo per ordine.
La Regione Veneto, in cui è forte la presenza della Lega, oltre ad avere un presidente di quel partito, ha tra le sue priorità il desiderio di non abdicare alla tradizione nazionale, in generale occidentale. Sappiamo anche che nel Parlamento europeo c’è stato uno scontro culturale molto significativo che ha, in sostanza, impedito l’idea di porre a fondamento della Carta costituzionale europea la religione cristiana. Infine, si può anche fare un riferimento alla recente presa di posizione del Pontefice che ha chiesto l’impegno di tutti, e in primo luogo dei sacerdoti, per promuovere la conoscenza e la fede cattolica.
Per iniziativa della Regione Veneto è stata diffusa nelle scuole la Bibbia. La prima ad obiettare sull’utilità di tale diffusione è stata proprio la Curia trevigiana che ha ritenuto inopportuna l’iniziativa, aggiungendo che se fosse stato richiesto il suo parere, avrebbe detto che non sarebbe stata d’accordo. Perché? Forse vuole prendere culturalmente le distanze dalla Lega? Forse intende schierarsi con quella parte della politica europea che si è opposta all’idea che la religione cristiana sia il fondamento della civiltà europea? Forse non intende seguire alla lettera (o interpreta diversamente) la richiesta del Pontefice di impegnare le gerarchie ecclesiastiche in un proselitismo che voglia far conoscere il cattolicesimo alla popolazione del mondo?
Si può menzionare un’altra ipotesi che ha suggerito la presa di posizione della Curia trevigiana? Credo di sì, ed è quella che presume di far prevalere il multiculturalismo sulla nostra tradizione, compresa quella religiosa. Non credo che la Curia di Treviso abbia pensato di non tener conto della richiesta del Pontefice, così come non credo che abbia voluto allinearsi alla maggioranza del Parlamento europeo contro la fondamentalità del cristianesimo nella nostra civiltà.
Non resta che il desiderio - da parte della Curia di Treviso - di non urtare la suscettibilità degli extracomunitari islamici (e di altre religioni non cristiane), evitando di avallare una scelta leghista che potrebbe creare politicamente qualche insofferenza. Una decisione pavida, ritengo, che non vuole sostenere pubblicamente, chiaramente, orgogliosamente, la nostra tradizione.
La Bibbia a scuola può essere l’occasione per parlare della nostra storia sulla base di uno dei testi più importanti della civiltà. L’insegnante, anche il meno incline a parlare di religiosità cristiana, potrebbe leggere alcuni passi del testo biblico con l’intenzione di non fare né proselitismo né contrapposizione tra una religione e l’altra. All’insegnante si può lasciare la libertà di sostenere il valore della religione cristiana oppure di leggere la Bibbia con un altro spirito, quello laico, quello della curiosità della conoscenza.
Se mi viene regalato il Corano, non lo leggo pensando di diventare musulmano: apprendo i principi di una religione, mi avvicino a comprendere una cultura.

Perché questa curiosità conoscitiva non può appartenere a un giovane extracomunitario che frequenta le nostre scuole? Perché pensare che non ci possa essere un motivo di orgoglio nell’essere cristiani e offrire a chi non lo è la possibilità di diventare fedeli della religione cristiana?

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