Che noioso questo Tour Volete mettere il Giro?

Se la suonano e se la cantano. Per i francesi è tutto grande, anche un piccolo Tour. Ma è inutile tenere conto della loro enfasi: per definizione, qualunque cosa facciano in casa propria è superlativa. Basta sedersi al tavolo di una brasserie: quella che per noi è un'insalata mista, per loro è come minimo una Grand Salade. Sono inattendibili. Lo sono puntualmente adesso, mentre raccontano la loro corsa come evento unico e indimenticabile. Hanno una collezione di Tour unici, lunga oltre un secolo. Noi, che forse esageriamo nel buttarci giù e nel deprezzare la nostra merce, ma che comunque non abbiamo le fette di baguette davanti agli occhi, possiamo però permetterci di dire la semplice e tranquilla verità: da anni non si vedeva un Giro bello come l'ultimo, da anni non si vedeva un Tour tanto brutto, moscio, fiacco, anonimo e noioso.
Usciti da tre settimane interminabili, possiamo solo dire che il vincitore è quello giusto: attualmente, nelle corse a tappe, Contador è un Valentino Rossi. Questa volta non ha stravinto, ha soltanto vinto giocandosi il jolly nella cronometro tanto amica. Ma ha comunque allungato la serie. Incredibile a dirsi: lasciato il biberon, ha centrato tutti i grandi giri cui si è iscritto. Bravo allora stavolta Schleck a tenerlo sotto stress fino alla penultima tappa. Ma è tutto quello che si può dire, cercando tra le pieghe qualche elemento di suspense. Sul resto, un velo pietoso.
Certo il giudizio di noi italiani potrebbe essere inquinato dalla pochezza della nostra spedizione: al di là della maglia verde di Petacchi (comunque una maglietta), ci resta soltanto qualche temerario attacco di Cunego e la disfatta psico-fisica di Basso, uscito peggio di quanto si prevedesse dal massacrante Giro vinto in rimonta. Sì, effettivamente noi italiani non abbiamo trovato granché per farci coinvolgere nella Grand Boucle (il Grande Ricciolo, definizione legata al tracciato più o meno riccioluto). Ma non può essere questo a condizionarci. Tante altre volte non abbiamo avuto Italia, eppure il Tour è comunque piaciuto. Siamo diventati improvvisamente difficili? Può essere. Alzi la mano però chi ricorda una sola tappa, una sola impresa, un solo momento memorabile. Siamo tutti fermi alla penosa polemichetta per zie illibate sul salto di catena capitato a Schleck. Tu pensa il livello. Tre settimane di corsa, tremila chilometri di strada, per dire che Contador ha vinto solo grazie all'attacco sferrato mentre il rivale aveva problemi tecnici. A parte il fatto che anche il salto di catena fa parte della gara, come la caduta, come la crisi di fame, come la fermata per piscio, in ogni caso la questione dice tutto sul livello del Tour 2010: dove non arrivò il percorso, dove non arrivarono gli atleti, arrivò il banale incidente meccanico. Non voglio essere pedante, ma mi corre l'obbligo di ricordare che nei Tour davvero grandi sono fioccati distacchi storici, cotte bibliche e imprese quanto meno rispettabili. Il menu di quest'anno? Come dimenticarlo: Contador che marca Schleck, Schleck che marca Contador, scattino e rispostina, attacchino e volatina. Nient'altro da segnalare. Solo alta ragioneria. Sterile mediocrità.
Diciamola tutta, senza peccare di sciovinismo (tra i nostri dieci milioni di difetti, questo stranamente non c'è): aridatece er Giro. A cose fatte, a corse fatte, il Giro d'Italia risalta di luce fosforescente e psichedelica. Tutti i giorni un'impresa, un'imboscata, un colpo di scena. Giallo continuo, a fiato sospeso. Lì, in Francia, di giallo è brillata solo la maglia. I motivi di questo schiacciante raffronto? Essenzialmente due. Primo: il Tour si sogna le pendenze vertiginose del Giro. Quando il Giro ripropone in serie i Mortiroli e gli Zoncolan, come quest'anno, lo spettacolo è inevitabile. Secondo: lo spirito di corsa. In Italia è prevalso lo stile naif, con i colori del coraggio, dell'improvvisazione, della fantasia e anche un po' della follia (leggi famosa tappa dell'Aquila). In Francia è prevalso lo stile noir della paura, con le tinte tristi del calcolo, dell'ansia, della noia: avevano tutti una tale paura di perdere, cominciando da Contador, che alla fine nessuno più pensava a vincere.
Risultato finale: Giro-Tour 6-0. Un cappotto che dovrebbe insegnare qualcosa al conformismo di massa, sempre prono davanti al Tour, sempre schizzinoso davanti al Giro. Potremmo tutti convincerci che il Tour continua ad essere la corsa più importante per fatturato, per armamentario al seguito e anche per organizzazione.

Ma non per questo dev'essere sempre la più eccitante. Guarda caso, il Tour 2010 passa alla storia soltanto come formidabile aiuto contro i disturbi del sonno. Somministrare una volta al giorno, dopo i pasti, secondo necessità. Certe dormite.

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