Che pena i genitori quando vogliono figli conciati da grandi

Si dice che le colpe dei padri non devono ricadere sui figli, ma ci sono casi in cui la colpevole superficialità dei genitori danneggia i figli, forse in modo irreversibile. Incominciamo con la domanda più immediata: perché dei genitori ritengono opportuno mandare il figlio, maschio o femmina, minorenne, in un istituto di bellezza per curare il viso, le mani, i capelli, ecc. ecc.? La risposta non è semplice né ovvia come la domanda. Direi questo: un genitore crede di fare una cosa giusta, attrezzando il proprio figlio in quella competitività che ha al centro il corpo.
Un tempo, neppure molti anni fa, dopo aver dato la precedenza alla scuola e allo svolgimento dei compiti per casa, il papà mandava il figlio in palestra, la mamma suggeriva alla bimba una scuola di danza, oppure veniva studiata la musica, la pittura, la recitazione... Insomma momenti di svago e, insieme, di formazione.
Anche in queste circostanze i genitori ritenevano importante darei ai propri figli delle opportunità che potessero avvantaggiarli in un modo o nell’altro nella vita, ma credo che a nessuno di loro passasse per l’anticamera del cervello l’idea che il corpo di un bambino o di un adolescente dovesse essere affidato alle mani di professionisti per curare o accrescerne la bellezza in vista di sfide future.
E invece siamo arrivati a questo. L’ossessione della qualità estetica del proprio corpo, della sua capacità seduttiva come chiave per aprire le porte del successo e del potere, viene trasferita dagli adulti ai piccoli con esiti malinconici.
Io me li immagino questi ragazzini passare ore dall’estetista, annoiati, depressi se l’indottrinamento dei genitori non li ha convinti, oppure esaltati e rincretiniti come pagliacci da circo se ha fatto presa il messaggio che li ha portati nel centro di bellezza.
Il senso pratico di un padre e di una madre ha buon gioco nel sostenere che la bellezza del corpo celebrata e venerata dappertutto è la carta vincente nella nostra società. Ma, credo, che i loro principi educativi dovrebbero battere altre strade e offrire ai figli altri orizzonti di formazione.
Facile obiettarmi il moralismo di queste considerazioni: mi si può dire che ai giorni nostri il merito non viene affatto riconosciuto, che lo studio non è premiato e che puntare sulla bellezza del corpo per farsi strada nella vita non è poi una scelta tanto stravagante.
Le questioni da sottolineare sono due: la prima riguarda la costruzione della personalità di un giovane, la seconda la sua salute.
È comprensibile che nelle ansie di un genitore ci sia l’inserimento del figlio nel mondo del lavoro, e tuttavia la formazione di un giovane non può essere immediatamente ed esclusivamente finalizzata alla sua professionalità. Con lo studio, con il gioco, nella relazione con i compagni e gli insegnanti, si forma la personalità di un ragazzo, la sua intelligenza critica, la capacità di affrontare le difficoltà, superare gli ostacoli e reggere alle sconfitte. Quanto più è consistente questo bagaglio, tanto maggiori saranno le possibilità di trovare un buon lavoro e soprattutto di vivere con dignità l’esistenza.
In secondo luogo, credo che per un adolescente o, perfino, per un piccolo, l’estetista sia un rischio che forse non è stato ben calcolato dai genitori. Il messaggio che i ragazzi apprendono è devastante: il proprio corpo si può manipolare, renderlo diverso, trasformarlo. Questo pensiero apre le porte alla chirurgia estetica più indiscriminata. Oggi, ancora, riusciamo a indignarci ed eventualmente a condannare quella mamma che regala un seno nuovo alla figlia per il suo compleanno. Avanti di questo passo sarà la cosa più normale: si inizia con un innocuo trattamento di bellezza e si finisce con un invasivo intervento chirurgico perché, se l’obbiettivo è rendere competitivo il corpo, qualsiasi intervento su di esso potrà diventare lecito.


Allora tiriamo le somme: personalità fragili, molto modeste, e corpi manipolati senza ritegno con in più possibili danni alla salute. Uomini e donne di questo tipo già oggi non sono una rarità e sarebbe opportuno che, per il bene di tutti, anche per il loro, non aumentassero di numero in modo esorbitante.

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