Ooops. Ci è ricascato. Maurizio Crozza è stato pizzicato (un’altra volta) a utilizzare battute altrui. Martedì sera il comico ha aperto la puntata di Ballarò, su Rai Tre, con il suo abituale monologo, dedicato questa volta all’emergenza neve a Roma. Ma qualcuno si è accorto di aver già sentito o letto da qualche parte le battute (poco) sferzanti su Alemanno e Ratzinger. Così, ieri mattina, il deputato del Partito democratico Andrea Sarubbi ha «cinguettato» su Twitter tre messaggi in serie: «E pure questa settimana Crozza ha fatto spesa proletaria su Twitter» (sottinteso: di battute).
In allegato i link per verificare il presunto plagio: da una parte la copertina di Ballarò con Crozza scatenato. Dall’altra pagine twitter antecedenti la messa in onda con le stesse freddure, prelevate e ripetute in trasmissione senza citare la fonte (gli utenti Davide de Serio, Claudia Voltattorni, Daniel 100gs). In tutto tre barzellette: sulle notti bianche di Alemanno, su Roma candidata alle Olimpiadi invernali e su Ratzinger preoccupato perché «nella capitale nevica ogni morte di Papa». Roba vecchiotta e non originalissma, a dire il vero. Ma pochi minuti dopo, gli iscritti a Twitter hanno già creato una pagina (#copiaeincrozza) finita subito in cima alla classifica delle più lette e commentate.
Crozza non è nuovo ad accuse del genere. Nel maggio 2011 il comico aveva imitato a Italialand, show di La7, il popolare Roberto Giacobbo, conduttore di Voyager, programma (para)scientifico di Rai Due. Il blog Ananas aveva notato la quasi totale coincidenza tra un paio di storielle di Crozza e quelle, pronunciate tempo prima, da Cristian Calabrese nel corso di Central Station 2 (in onda su Comedy Central). Seguirono le scuse di un autore di Crozza, il quale, in sostanza, si assunse tutta la responsabilità della faccenda. Crozza non sapeva. Ora però la storia si ripete.
Mentre la rete gli affibbiava il nomignolo di Copiaeincrozza, Copiaeincrozza in persona, nel pomeriggio, ha risposto con una lettera ironica inviata al sito del Corriere, peggiorando la situazione: «Lo confesso: è tutto vero, sono trent’anni che io lavoro copiando dalla rete. Anche quando la rete non esisteva, io la copiavo. A scuola ho sempre copiato da Twitter. Anche questo comunicato non è mio: l’ho appena trovato su Twitter».
Dietro l’ironia, però, si capisce che al comico subire la satira invece di esercitarla ha fatto perdere il senso dell’umorismo. Al punto da spingerlo a dare del «fesso» al deputato Sarubbi da cui tutto è partito. La difesa vera e propria, poi, è l’unica cosa che faccia davvero ridere: «Tra l’altro io Twitter non ce l’ho». Beh, basta che ce l’abbia qualche autore dei testi. La risposta ricorda quella di Daniele Luttazzi, il quale, qualche anno fa, fu «beccato» a tradurre battute da famosi comici stranieri, soprattutto americani. Anche in quel caso fu la rete a smascherarlo. Erano oltre 250 freddure, un bel tesoretto.
A cui, secondo chi lo accusa, vanno aggiunti interi monologhi anche di 8-10 minuti. Luttazzi aveva replicato così: «È vero, copio, lo dico da anni, e lo faccio apposta, per motivi precisi. Non ho mai nascosto nulla». Già.
Ma allora perché non citare la fonte da cui si è tratta «ispirazione»? A esempio, Roberto Benigni lo fece, ringraziando a Vieniviaconme «i ragazzi di Spinoza.it», un sito di satira. Dura la vita del comico ai tempi di Internet. Si rischia di passare in pochissimi minuti da fustigatore dei politici e dei costumi altrui a fustigato per colpa dei propri. Ironico, no?- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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