Onorevole Ignazio La Russa, la sento lontano.
«Sono a Montecarlo».
A Montecarlo? Ma allora è un vizio per voi ex An. Magari sta cercando casa in boulevard Princesse Charlotte.
«No, guardi io sono abituato a dormire in albergo. E non ho nessuna casa a Montecarlo, io. Però, effettivamente, sono appena passato in boulevard Princesse Charlotte, vicino al Novotel».
Beccato! Sta preparando dossier sulla casa?
«No, molto più prosaicamente sono a Montecarlo per assistere alla Supercoppa europea di calcio fra la mia Inter e l’Atletico Madrid. Però, confesso che sono passato dalla casa affittata a Tulliani perché non l’avevo mai vista in vita mia ed ero curioso».
Inter e casa a parte, è stata una giornata intensa. Lei ha annunciato, anche a nome degli altri due coordinatori del Pdl Sandro Bondi e Denis Verdini, che la prossima settimana convocherete i parlamentari finiani che ricoprono cariche nel partito per discutere della loro incompatibilità. Ma non stavate facendo la pace?
«Innanzitutto, una precisazione. La decisione che abbiamo comunicato oggi è stata presa nell’ultimo vertice del Pdl ed è molto più morbida rispetto alle richieste pressanti della base che ci chiedeva di espellere tutti i signori che tengono i piedi in due scarpe. Insomma, una scelta soft».
Alla faccia della scelta soft. Se volevate essere duri cosa facevate, li impiccavate?
«Non dimentichiamo che, fra le richieste su cui insistevano molti di coloro che sono passati ai gruppi parlamentari di Futuro e Libertà per l’Italia, c’era quella di appartenere a un partito serio, che ragiona come i partiti seri. Li accontentiamo. Anzi, ribadisco, rispetto a quello che ci chiedeva gran parte della base, siamo stati molto più teneri, scegliendo di non procedere ad espulsioni immediate, ma facendo un discorso esclusivamente politico».
Insomma, repulisti oppure no?
«Il caso è molto semplice: in un partito, il ruolo di coordinatore, ai vari livelli territoriali, è fiduciario e se uno aderisce a un’altra formazione la fiducia viene meno. Quindi sceglieremo altri coordinatori nei territori dove i coordinatori attuali sono aderenti ai gruppi finiani. Semplice no?».
Saranno anche espulsi dal Pdl?
«Volutamente, abbiamo scelto di non occuparcene. La nostra è una decisione politica, quelle disciplinari spettano ai probiviri».
Eppure, anche se la decisione sembra automatica, avete scelto di sentire ugualmente gli interessati. Perché? Pensate di far cambiare idea a qualcuno di loro?
«Lo facciamo innanzitutto per cortesia, poi anche per ascoltare se hanno qualcosa da dire o da chiederci. Fra l’altro, essendo persone intelligenti, lo capiscono anche loro per primi che è assolutamente incompatibile un ruolo direttivo nel Pdl con l’adesione a un altro gruppo. Non vogliamo arlecchini servitori di due padroni, ma penso che nessuno di Futuro e Libertà si senta un arlecchino».
Ci sono casi particolari?
«I casi verranno valutati uno ad uno: è chiaro che uno come Enzo Raisi, che è coordinatore provinciale a Bologna e da consigliere provinciale ha addirittura costituito il gruppo di Futuro e Libertà in Provincia, non potrà certamente mantenere la carica, è solare. Mentre credo che il caso su cui rifletteremo di più sarà quello di Roberto Menia, coordinatore a Trieste, dove le elezioni sono imminenti e, in accordo con lui, cercheremo la soluzione migliore per pensare a vincerle. Insomma, occorre ragionare sul concreto».
Oltre a Raisi e Menia sono stati fatti i nomi del vicecoordinatore provinciale del Pdl di Rovigo Luca Bellotti, del coordinatore provinciale di Avellino Giulia Cosenza e del vicecoordinatore regionale della Basilicata Egidio Digilio. Ci sono altri casi?
«Certo, quelli di tutti coloro che guidano un coordinamento del Pdl dopo aver aderito a Futuro e libertà, come a Genova, ad esempio».
Vi occuperete anche del presidente Fini che, come abbiamo raccontato proprio sul Giornale, è rimasto iscritto al gruppo del Pdl alla Camera?
«Quello di Fini nel gruppo dei deputati Pdl è un caso che non riguarda i coordinatori nazionali».
Ma non lo trova surreale?
«In qualche modo, sì. Ma occorrerebbe chiedere a lui il perché. Credo che si sia iscritto al gruppo prima della sua elezione alla presidenza di Montecitorio e ora, da presidente, non cambi gruppo più per imbarazzo istituzionale che per scelta. Ma, appunto, non sono nella sua testa».
Il presidente dei senatori finiani Pasquale Viespoli non ha preso bene la vostra decisione di convocare i coordinatori che hanno aderito a Futuro e libertà. Si sente «tanto inopportuno da apparire provocatorio»?
«Viespoli non ha capito che i partiti seri hanno una struttura organizzativa seria. Quanto all’accusa di essere provocatori, gli ricordo che, proprio per senso di responsabilità, non espelleremo nessuno, lasciando ogni decisione ai probiviri. E anche nei tempi siamo stati assolutamente tolleranti: potevamo convocarli a luglio e agosto e, invece, non abbiamo forzato le cose, aspettando la ripresa di settembre dell’attività politica».
Eppure Viespoli, suo ex compagno in An, prende di punta proprio lei. Spiegando che spera si tratti di una sua iniziativa per «recuperare protagonismo», visto che al pranzo di lavoro fra Bossi e Berlusconi per lei «non c’è stato spazio nemmeno per un bitter»...
«Guardi, non personalizzo sulle battute di Viespoli che, dopo tante stagioni di piccolo cabotaggio politico campano, finalmente riesce a far riprendere il suo nome da qualche agenzia di stampa e da qualche giornale. Mi fa piacere per lui».
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