Chi non si firma, è perduto 

Chi non si firma,  è perduto 

di Luigi Mascheroni

Quando gli intellettuali non sanno cosa fare, scrivono. E quando si sentono impotenti, firmano. Datemi un appello, e mi solleverò il morale. Moralisti in servizio permanente effettivo, depositari per appalto divino della capacità di separare il Bene dal Male e per destino culturale firmatari infallibili sempre dalla parte giusta del foglio, l’intellighenzia trova soltanto un’altra cosa più irresistibile del firmare appelli. Leggerli il giorno dopo sui giornali con il proprio nome sotto. E, in ossequio al primo principio della lectio accademica secondo il quale repetita iuvant, i nomi dei firmatari sono sempre quelli, e le motivazioni ideologiche contro le quali firmano, pure: qualcosa, o qualcuno, che abbia a che fare, a largo spettro, con la cultura e la politica della Destra. J’accuse, j’accuse... L’ultimo attacco di «firmite», in ordine di tempo, è di ieri l’altro, quando un gruppo di «big della cultura», da Guido Rossi a Vittorio Gregotti, da Ermanno Olmi a Eva Cantarella, ha firmato un appello al sindaco di Milano Giuliano Pisapia chiedendo di intervenire contro la nomina a presidente della Triennale di Claudio De Albertis (personalità che ha due vizi imperdonabili: è un imprenditore e non spiace alla destra). E, andando a ritroso negli ultimi mesi, «eminenti personalità del mondo della cultura e dello spettacolo» hanno firmato appelli per: chiedere una legge che tuteli l’Accademia della Crusca (Tullio De Mauro, Rosanna Bettarini...), per fermare le ricerche dell’affresco perduto di Leonardo da Vinci a Palazzo Vecchio (Salvatore Settis, Cesare De Seta, Antonio Pinelli), per fermare la chiusura del canale tv «Rai Med» dedicato al Mediterraneo (Luciano Canfora, Tullio De Mauro, Dacia Maraini...), contro la nomina di Giulio Malgara a presidente della Biennale di Venezia (Salvatore Settis, Cesare De Seta, Antonio Pinelli, Corrado Stajano...), contro la Fiat a sostegno della Fiom (Paolo Flores D’Arcais, Margherita Hack, Gianni Vattimo, Andrea Camilleri..), contro l’intervento della polizia in Val di Susa per la Tav (Don Ciotti, padre Zanotelli, Carlo Petrini, Maurizio Landini...)... Sembra incredibile, ma buona parte degli intellettuali ancora vivi che firmarono (quarant’anni fa!) il famigerato appello contro il commissario Calabresi - la lettera pubblicata sull’Espresso il 13 giugno 1971 - continuano ancora a sottoscrivere manifesti&petizioni, come Dario Fo, Furio Colombo, Margherita Hack, Eugenio Scalfari... L’intellighenzia di giro, e di grido, è sempre quella. Il giro di Micromega, quello di Repubblica, quello degli editori contro la legge bavaglio, quello del Teatro Valle, quello dei Centoautori...

Moralmente impeccabili e mediaticamente influenti. E così l’appello di un gruppo di intellettuali diventa - per proprietà transitiva - la posizione ufficiale dell’intero mondo della cultura. Se non t’indigni, non esisti. E chi non si firma, è perduto.

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