Chi non versa un euro si giustifica così: «Ma io ero all’estero...»

Quasi tutti invocano la privacy sulle proprie finanze, qualcuno si appella alla crisi economica e un altro tenta la carta dello scambio di persona

L’Italia a reddito zero la incontri un po’ dappertutto. L’inchiesta di Panorama si muove tra il sud e il nord del Paese. I nullatenenti parlano contro voglia, sono diffidenti, spesso scontrosi. Come giustificare certe dichiarazioni dei redditi? Certo, non tutti sono evasori. Certo, ci sono detrazioni, agevolazioni fiscali, problemi di salute, la crisi economica che non passa mai e gli ostacoli che deve superare chi mette in piedi un’attività tutta nuova. A volte però quello zero stride. Altre no, almeno a sentire i diretti interessati, come hanno fatto i giornalisti di Panorama.
Il «Citu», ad esempio, è allevatore sul lago d’Orta. Ha 45 anni, niente moglie, e nel 2005 ha dichiarato nulla al fisco. Lui dice che vive con l’orto, le galline, il padre che fa il formaggio. Con le mucche «di fame non si muore». Storie di contadini. Modesti, semplici. Senza divertimenti perché con gli animali nella stalla andare in vacanza è impossibile, resta il Circolo Arci al fine settimana.
C’è chi è sicuro del fatto suo ma minaccia querele, come l’avvocato titolare di due studi legali tra Puglia e Basilicata: «Queste sono informazioni riservatissime. Vi denuncio tutti» ha risposto ai cronisti del settimanale. Un consulente umbro di Gubbio punta sul cosmopolitismo: «Nel 2005 ho lavorato nel Regno Unito come consulente e le tasse le ho pagate là. Poi sono tornato, ma non mi trovo bene - si lamenta - Da noi c’è una burocrazia asfissiante che controlla ogni minima cosa, ma la gente, appena può, evade». Già.
C’è chi si giustifica, come un 34enne di Roma, con l’ammortamento dei debiti per avviare la sua gelateria: «Solo nel 2007, dopo otto anni di attività, il bilancio è diventato positivo». L.S., 72 anni, bracciante con un po’ di terra in Basilicata, nel 2005 non ha guadagnato niente. Spiegazione: «Si vede che non lavorai». C’è chi riattacca, chi si vergogna, chi fa lo spavaldo e chi non si scompone. Come il 38enne che, in provincia di Trento, ha avviato uno studio legale: «Ho iniziato nel 2004 e sono partito da solo. Mia moglie mi ha mantenuto». Poi si lamenta: «Ma lo sa quanti sono gli avvocati che non hanno una famiglia alle spalle e non arrivano a fine mese?». La crisi economica è una delle giustificazioni più gettonate, mentre i creativi si appellano allo scambio di persona: il nulladichiarante? Non sono io, è un mio omonimo. C’è chi dichiara bancarotta, come il titolare di due studi legali della provincia di Potenza, ma ha comunque diversi dipendenti. Lui si limita a minacciare querele.
L’appello alla privacy («Sono fatti miei») è la reazione più comune. Chi parla delle sue finanze lo fa perché non teme il fisco. Perché a volte quello zero racconta la sconfitta di una vita. Francesco Corbosiero, 44enne di Foggia, non ci crede più: «Il mio lo chiami pure reddito sottozero». E vuole nome e cognome, altro che privacy: «Magari servisse a far capire il nostro dramma». Con tre amici ha ottenuto i finanziamenti per l’imprenditoria giovanile e ha avviato un allevamento di conigli con 16 dipendenti. Ma i prezzi di cereali e mangimi si impennano; un chilo di carne gli costa 1,80 euro, quando va bene lui ne intasca 1,5. Anche se il consumatore compra a 8 euro al chilo. C’è crisi anche a Montalcino, fra i produttori del Brunello: quasi 50 redditi zero.

Katia e Gigi Fabro, al podere San Polino dal ’98, spiegano che «per i piccoli produttori, soprattutto all’inizio, è molto dura. Facciamo 10mila bottiglie l’anno di Brunello e ognuna ci costa 20 euro. Dobbiamo ammortizzare i costi di avviamento, i mutui, gli interessi, il trattore, le fiere, tutto».

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