Chi rema per il porto dei veleni

(...) E tutti insieme significa, dovrebbe significare, innanzi tutto condividere i progetti di rilancio e sviluppo, oppure proporre alternative credibili. Il richiamo lo ha fatto, forte e chiaro, il presidente dell’Autorità portuale, Luigi Merlo, assalito (e si spera non ancora travolto) da mille e uno problemi, tutti urgenti. Si direbbe, allora - ma non è detto... - che gli operatori portuali e le istituzioni abbiano capito finalmente, ad esempio, che il retroporto è più che necessario, cioè assolutamente indispensabile, ma che il retroporto non ha senso se non si fanno le infrastrutture, e che le infrastrutture non si fanno se non c’è l’unità di intenti. E si ritorna da capo. Si direbbe, però - ma sembra proprio... - che a una certa parte degli operatori dello shipping vada bene così. Vada bene cioè che il retroporto, l’hub intermodale di Alessandria, restino un bellissimo protocollo d’intesa, in modo che i contenitori rimangano giacenti in banchina, diciamo per più di tre giorni, e, guarda caso, rendano tanti soldi senza lo sforzo di movimentarli. Può darsi anche che vada bene, anzi benissimo, che la concorrenza tanto sbandierata come una conquista, le regole di mercato tanto invocate da tutti, camalli compresi ed entusiasti, in realtà restino fuori dai varchi doganali, tanto per non disturbare il manovratore. Può darsi, infine, che il Terzo valico, la sfida delle infrastrutture, il Corridoio 5, l’asse Genova-Rotterdam non siano poi così convenienti per chi s’è costruito un orticello sulla banchina vista mare, vi ha fatto crescere il conto in banca e misura il futuro con la mentalità dello scagno: «Megiu nu mesciase de chi, chi m’ou fa fa’?». Che gli frega, a costui, dei tombamenti, dei sei anni di fermo di Calata Bettolo, dell’impasse del Multipurpose, dei 17 (!) contenziosi attualmente al vaglio della magistratura - vi risparmio l’elenco - con una previsione di sentenza definitiva misurabile in decenni? E che gli frega - bisogna essere crudi - che in fin dei conti il porto funzioni veramente, che possa dotarsi di distripark per movimentare le merci containerizzate, creare valore aggiunto, occupazione, guadagno diretto e indotto? «Megiu lascià tuttu cumme l’è. E guagnà cumme ho sempre fetu». La trascrizione in genovese - mi perdonino gli amici della «Compagna» - non è fedele, ma forse il concetto è questo.

Anche se il «demone» Giovanni Novi non è più al timone, e da qualche mese la tempesta mediatica di accuse contro palazzo San Giorgio si è trasformata in tranquilla bonaccia. Si direbbe - e sembra proprio così! - che non ci sia nessuna voglia di invertire la rotta.

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