«Chi ridisegna Roma non scordi il Tevere»

Silvia Marchetti

La funzionalità contro l’estetica fine a se stessa. La città del terzo millennio dovrà essere a misura d’uomo e accontentare le esigenze di chi ci vive. Al di là del dibattito tra architetti futuristi e tradizionalisti, tra i sostenitori della città verticale e quelli dell’Urbe orizzontale, la vera scommessa del futuro sarà riuscire a coniugare l’architettura del passato con i bisogni del presente. Per realizzare una città funzionale, sicura e vivibile, non soltanto estetica.
Una verità che vale soprattutto per Roma, città con un cuore antico ma con «abiti» sempre più moderni e inappropriati. Paolo Marconi, professore di Restauro dei monumenti presso la facoltà di Architettura di Roma Tre (nonché restauratore di fama mondiale) lancia un allarme sul pericolo Tevere e sulla necessità di realizzare interventi urbanistici «utili». Già, perché stando alla previsione enunciata dalle autorità di bacino nel corso di un convegno tenuto all’Accademia dei Lincei tre anni fa, nel 2037 il Tevere strariperà inondando la via Flaminia, Ponte Milvio e piazza del Popolo fino a piazza di Spagna e piazza Venezia. Travalicando i muraglioni, che sono ancora quelli dell’epoca Risorgimentale.
E così, in équipe con Paolo Portoghesi, «padre» della Grande Moschea dei Parioli, Marconi parteciperà al concorso internazionale per la riqualificazione del Mausoleo di Augusto e di piazza Augusto Imperatore. Proprio oggi (termine di scadenza) i due presenteranno il progetto al Comune. Un progetto di ampio respiro, che non si limita solo alla piazza ma mira appunto al recupero e alla messa in sicurezza dell’intera area del centro storico a ridosso del fiume.
«A Roma c’è una mancanza di prospettiva del futuro di tanta architettura moderna», sostiene Marconi, già restauratore della chiesa di Trinità dei Monti e di Ponte Milvio. «Prova ne è la riqualificazione di piazza Augusto Imperatore voluta dal Comune, che si limita a una serie di interventi minimalisti di ripulitura attorno a un mausoleo scoperchiato. Mentre il vero problema è il Tevere: noi proponiamo una regimazione del fiume a monte, ossia una raccolta delle acque nella pianura di Roma Nord. In questo modo, non solo evitiamo pericolosi straripamenti ma torniamo ai livelli originari del fiume, recuperando tutto il terreno attorno a Campo Marzio. Un intervento del genere andrebbe inoltre a vantaggio dei monumenti e permetterebbe la riapertura dell’antico porto di Ripetta».
In realtà, niente di nuovo: «Parliamo - prosegue Marconi - di un progetto che esiste da anni che il Campidoglio ha sempre ignorato perché a Roma, come purtroppo in tutt’Italia, c’è una deformazione del concetto di conservazione: non si parla mai di restauro funzionale ma solo di preservazione dell’autenticità. Il potere politico, in perenne campagna elettorale, non ha visione di lungo respiro e alla funzionalità preferisce la visibilità». Tipo la visibilità della teca di Richard Meier all’Ara Pacis, criticata nei giorni scorsi da Portoghesi. «Noi - continua Marconi - non chiuderemo gli occhi di fronte all’allarme Tevere, il nostro progetto ha il sapore di una dichiarazione d’intenti». Insomma, una provocazione. Verrà raccolta? «Parliamo della nostra sicurezza: perché dobbiamo essere sotto schiaffo del fiume? Il nostro progetto, in realtà, riflette un programma nazionale: rispondere all’emergenza infrastrutturale rappresentata da Po, Arno e Tevere, operando una regimazione delle acque».

Insomma, la riqualificazione di piazza Augusto Imperatore tanto sbandierata da Veltroni dopo la «nuova» Ara Pacis di Meier non potrà, dunque, avere soltanto una dimensione estetica. Chissà se il Comune seguirà quest’indicazione.

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