Lo chiamano pop sembra una sfilata di lingerie

Poi uno dice che la musica passa in secondo piano. E che la voce, l’arrangiamento, la qualità dei suoni contano sempre meno. E quindi i cd vendono meno ancora. Hai voglia! Sarebbe strano se non fosse così. Provate a sintonizzarvi un pomeriggio su quei canali musicali che trasmettono a rullo video per teen ager. A cominciare da Rihanna, trionfatrice dei Mtv Video Awards, per proseguire con Gwen Stefani, Alicia Keys, le Pussycat Dolls, le Girls Aloud, Natasha Bedingfield. Lo chiamano sexypop, poca voce e molti pizzi, accordi approssimativi e unghie laccate alla perfezione. Non si tratta solo dei rimandi sensuali dei video dei Maroon 5 o dei Garbage. No, di più e di meglio: cerette, cerniere e giarrettiere, tutto l’armamentario del guardaroba erotico griffato rossetto & corsetto. Un disco di pop non si nega a nessuno, basta ancheggiare nella lingerie giusta, ne ha fatto uno persino Paris Hilton.
L’altro giorno su un grande quotidiano campeggiavano a tutta pagina (pubblicitaria) le curve generose di una ragazzona mora in short minuscoli con slip irrequieto: seno in offerta speciale; nome della «nuova regina della pop-dance latina» Anamor; titolo enigmatico della canzone «Damela Sì».

Letta la promessa di Anamor e occhieggiati i video delle nuove popstar, che cosa può fare un ragazzo di 17 anni? Uscire per comprare dei nuovi cd o magari una rivista porno? Già, ma non viviamo mica nel mondo delle favole, dirà qualcuno: siamo o non siamo nell’epoca di Youtube, della pubblicità e del marketing? Per il momento, però, marketing e pubblicità sembrano funzionare più per le griffe di biancheria che per l’industria discografica e la nascita di nuovi talenti musicali.
Lo diceva qualche anno fa Pedro Almodóvar, «la prossima rivoluzione comincerà in un negozio di biancheria intima». E come dargli torto. È la civiltà dell’immagine, bellezza.

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