da Istanbul
Sgomento e dolore per la perdita di un uomo che credeva profondamente nel dialogo fra religioni diverse. Ma anche la dimostrazione che la mancanza di rispetto può generare solo odio. Sono queste le prime parole di monsignor George Marovich, rappresentante della Santa Sede a Istanbul, sull'omicidio di don Andrea Santoro.
Monsignor Marovich, qual è la vostra prima reazione a una morte così improvvisa e violenta?
«Siamo tutti senza parole. Ho ricevuto la notizia da monsignor Luigi Padovese, il vescovo dell'Anatolia: non posso ancora credere che qualcuno abbia potuto fargli questo».
Chi era don Andrea?
«Una persona straordinaria, impossibile elencarne tutte le qualità. L'avevo visto l'ultima volta tre giorni fa, appena tornato dall'Italia. Sereno e sorridente come sempre. Pieno di progetti per la sua comunità».
Quali erano le principali attività di don Santoro?
«Aiutava molte donne a uscire dal racket della prostituzione. Per questo era sempre nel mirino della mafia locale. Ma lui non si fermava davanti a niente. E poi c'erano tutte le iniziative per portare avanti il dialogo con le altre confessioni religiose, soprattutto con quella musulmana».
Per esempio?
«Ogni anno stampava un calendario con le personalità più importanti del mondo religioso di tutte la confessioni e lo distribuiva a tutti. Per far comprendere le differenze fra i vari credo e porre le basi per il rispetto reciproco. Il dialogo fra religioni diverse era la sua missione».
Chi lo ha ucciso e perché?
«Può essere stato un fanatico, può essere stata la malavita. La sola cosa certa è che prima di oggi la comunità cattolica di Trabzon viveva in pace».
Colpa delle vignette apparse sui giornali danesi?
«Certo che questo episodio rischia di segnare un solco profondissimo nei rapporti fra l'Islam e le altre religioni. Per questo motivo qualche giorno fa la Chiesa Cattolica, il Patriarcato di Costantinopoli, la comunità ebraica e la Chiesa Armena hanno scritto un documento per condannare fermamente le vignette pubblicate in Danimarca. Bisogna educare tutti al rispetto».
Come è adesso la vostra situazione in Turchia? Avete paura?
«Per il momento siamo tranquilli. Sono tanti gli amici musulmani che ci chiamano per testimoniare la loro solidarietà. Le forze di sicurezza sono ben organizzate. Ma il rischio che la situazione peggiori c'è».
Non tutte la altre confessioni religiose la pensano come voi.
«Le parlo dei rapporti fra comunità cattolica e governo. So che per altre religioni, come quella ortodossa, i rapporti sono diversi Ma in generale negli ultimi anni la situazione per le comunità religiose minori è migliorata».
In questi giorni a Istanbul ci sono state numerose manifestazioni di gruppi integralisti, con tanto di minacce contro il mondo occidentale.
«La Turchia sta cambiando, ma deve fare ancora molta strada prima di entrare in Europa. Il governo si sta impegnando, ma non può certo fare miracoli. La spirale del fanatismo è sempre dietro l'angolo. Ed episodi come quelli delle vignette sul Profeta Maometto possono solo fomentare lodio».
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