Dalla Chiesa: «Mio padre dimenticato dalla Rai»

Disattenzione? Leggerezza? O volontà precisa? «La verità è che mio padre era una persona scomoda. E continua ad esserlo ancora oggi. Così, forse, per qualcuno era meglio non ricordarlo». L'emozione con cui Rita Dalla Chiesa vive la vigilia della messa in onda della fiction Mediaset Il generale Dalla Chiesa, è appena velata da un'amarezza: «La Rai sembra aver scordato i venticinque anni dalla scomparsa di mio padre. A parte una puntata di La storia siamo noi, vecchia di due anni e solo un po' rinfrescata, è stata una dimenticanza indegna di un servizio pubblico. Stavolta, con la fiction interpretata da Giancarlo Giannini, e con gli speciali di Matrix e di Vite straordinarie, il vero servizio pubblico l'ha fatto Mediaset». Nei giorni che precedono il ritorno di Forum - da lunedì di nuovo doppio appuntamento quotidiano, alle 11,40 e alle 14 - la bionda conduttrice tira le somme di due esperienze tanto diverse. «La fiction l'ho già vista, da sola, a casa. Per due volte mi sono dovuta allontanare dal video: al momento della morte di mia madre e per quella di papà». Ma cosa si prova nel veder rappresentata da altri la propria esistenza? «Ci si rende conto di quant'è stata meravigliosa. E dura. Mi sono sorpresa a chiedermi: ma davvero abbiamo attraversato tutto quel dolore? E come siamo riusciti a rimanere in piedi?». Giannini, nonostante l'evidente diversità fisica, «ha dentro di sè alcune cose di papà. Il senso della giustizia. Delle istituzioni. E della paternità».
Su Forum, quel che sbalordisce Rita è il successo ininterrotto, anzi in costante aumento, di un programma che va in onda da 23 anni. «Com'è possibile? Perché Forum rimane uguale nel garbo, ma sa anche cambiare tenendosi al passo coi tempi.

Così oggi trattiamo temi una volta impensabili - come la droga, l'omosessualità, le cellule staminali - ma col linguaggio semplice di sempre». Ama talmente la sua creatura da accettarne anche i limiti. «Circa il 60 per cento dei nostri contendenti sono figuranti, che interpretano però casi veri. Quel che conta sono i casi, infatti: non le facce».

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