L’occupazione di Sant’Ignazio di Loyola è solo l’ultima stazione di un calvario. Quella di sabato in piazza Borotti (zona Feltre) non è la prima chiesa che subisce un assalto del genere, più o meno pacifico, più o meno civile, da parte di decine di occupanti indesiderati: rom, immigrati, rifugiati, clandestini. Gli episodi ormai non si contano più. Vittime i parroci, le suore di clausura, i cappuccini. Hanno visto spesso sconvolti in questi anni le funzioni religiose, le loro attività, le loro abitazioni. Ma nessuno si disturba a chiedere scusa. Nel ’96 la chiesa di San Bernardino alle Ossa fu occupata da 60 immigrati. Nel 2001 è toccato al Santissimo Crocifisso, nei pressi del Cimitero Maggiore, occupato da 70 rom provenienti da via Barzaghi. Nel 2006 non è stato risparmiato neanche un convento di clausura: le benedettine di via Kramer hanno visto violato il loro portone da un’ottantina di rifugiati etiopi ed eritrei. A gennaio molti hanno vissuto come una profanazione la preghiera di centinaia di musulmani prostrati verso La Mecca sul sagrato del Duomo. E le moschee a malincuore dovettero fare un passo verso la chiesa.
Dunque gli ottanta rom romeni e di religione ortodossa nella chiesa di Sant’Ignazio, non sono che l’ultimo episodio di una catena. E spesso dietro a ciascun anello si scorge la «manina» della politica, del volontariato e degli immancabili centri sociali. Una mano di sinistra, ma anche di quell’area cattolica che a volte milita più a sinistra della sinistra. E nessuno che si senta in dovere di scusarsi con sacerdoti, frati e suore. Anzi semmai c’è chi pretende di spiegare quale sarebbe la loro «vera missione».
«Non c’è niente di cui chiedere scusa - dice oggi per esempio Dijana Pavlovic, che è vicepresidente della Federazione Rom e Sinti Insieme - non c’è un posto migliore di una chiesa per ospitare dei disperati. La chiesa è una casa di tutti, fa parte della natura di quel luogo». Anche in questo caso - aggiunge la Pavlovic, già candidata per Sinistra e Libertà - il problema sta a monte, sta in questi sgomberi senza alternative, se non per i bambini piccoli, e con le famiglie divise». Intanto a «monte», in Comune, ricordano che la direttiva europea 38 nel 2004, recepita da un decreto del 2007 stabilisce che i comunitari che non si registrano, che non hanno mezzi di sostentamento sufficienti, lavoro e assistenza sanitaria dopo tre mesi di soggiorno devono essere allontanati. Ragione per cui - spiega il vicesindaco De Corato - «gli sgomberi andranno avanti fino ad azzerare tutte le baraccopoli della città».
L’assessore al Sociale Mariolina Moioli, dopo i fatti di Sant’Ignazio, accusa «chi strumentalizza la situazione dei nomadi» per altri fini, e si scaglia contro quelli che «si vedono solo quando si tratta di fare chiacchiere».
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