Alberto Toscano
da Parigi
Il «Contratto di prima assunzione», Cpe in sigla francese, è morto e sepolto. Al termine di un autentico psicodramma nazionale, che va in scena dallo scorso gennaio, il capo dello Stato Jacques Chirac ha annunciato il ritiro puro e semplice della legge che il Parlamento aveva approvato il 9 marzo. Questa era la richiesta delle confederazioni sindacali e delle organizzazioni studentesche che hanno portato a più riprese milioni di persone in piazza per sfidare l'Eliseo, il governo e la maggioranza parlamentare. Ieri mattina l'Eliseo ha alzato bandiera bianca.
Per essere esatti il ritiro riguarda un articolo di una legge nata con ben altri intenti: la cosiddetta «legge per l'uguaglianza delle chances», varata con lo scopo di aiutare le periferie urbane dopo la rivolta dello scorso autunno. Il primo ministro Dominique de Villepin, legatissimo a Chirac, ha approfittato di questa legge per introdurre flessibilità nei contratti di lavoro. Sapendo che in Francia la disoccupazione giovanile sfiora il 24 per cento, Villepin ha inserito nella «legge per l'uguaglianza delle chances» l'articolo 8, che istituisce un contratto speciale per i giovani di meno di 26 anni: il Cpe, che dura due anni e che autorizza il licenziamento senza giusta causa.
«Mi spiace di non essere stato compreso da tutti!», ha dichiarato Villepin nel confermare il ritiro del Cpe. Con un ultimo tentativo di lifting, sia l'Eliseo sia il primo ministro hanno evitato di utilizzare il termine «ritiro», preferendo affermare che «l'articolo 8 della legge sull'uguaglianza delle chances», che intende favorire i giovani più disagiati rispetto a quelli più ricchi, verrà «rimpiazzato da un dispositivo in favore dell'inserimento professionale dei giovani in difficoltà». Un modo per limitare le conseguenze politiche della sconfitta personale di Villepin e dello stesso Chirac.
Nell'Union pour un Mouvement populaire (Ump), il partito fondato da Chirac, è in atto una prova di forza tra Villepin e il ministro dell'Interno Nicolas Sarkozy, che è anche presidente di questa stessa formazione politica, per la designazione del candidato alle presidenziali della primavera 2007. Le gaffes collezionate dal tandem Chirac-Villepin non fanno che spalancare a Sarkozy la strada per l'Eliseo.
La situazione politica e anche personale di Villepin è perlomeno delicata. L'uomo che ha sempre vantato come un proprio successo l'adozione del Cpe spera oggi di non pagare il prezzo politico del ritiro di quella riforma. Molti sollecitano le sue dimissioni. Altri sperano che resti al suo posto proprio per logorarsi ancor di più. Il livello di popolarità di Villepin è oggi intorno al 28-29 per cento: uno dei più bassi nella storia della V Repubblica.
Dal canto loro le confederazioni sindacali e le organizzazioni studentesche cantano vittoria. Gli imprenditori sono invece in una posizione delicatissima: avevano voluto il Cpe e sono favorevoli alla flessibilità del lavoro, ma vedono lo scontro sociale come il fumo negli occhi. Da un lato pensano che ormai il ritiro del Cpe fosse il minore dei mali, ma dall'altro vorrebbero avviare coi sindacati e col governo un autentico dialogo sociale sul tema della flessibilità del lavoro e della possibilità per le aziende di licenziare i propri dipendenti sulla base di precise necessità.
Comunque ieri si è chiuso un capitolo particolarmente teso della storia sociale transalpina. Il 16 gennaio Villepin aveva annunciato la sua decisione di varare il Cpe. Poi aveva difeso a spada tratta il proprio progetto in Parlamento. Infine, quando a metà marzo le manifestazioni hanno assunto un carattere impressionante, ha proposto un dialogo che i sindacati si sono ben guardati dall'accettare.
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