Ma chissenefrega se George Clooney è gay

Gay? Ma tu dimmi. Tutto sto can can perché (forse) George Clooney è gay? La notizia, certo. È importante. Ma quale sarebbe? Gay? Non gay? Sarebbe questa la notizia?
Ma certo, dirai tu: il playboy dal sorriso assassino, il tombeur de femmes che trasforma in seduzione perfino l’ironia con la quale ti fa capire che, in fondo, sta solo scherzando: perché si sa che alle donne piace terribilmente questo suo divino non-fare-mai-sul-serio, dal momento che in tutte le donne c’è una mamma pronta a smascherare con un bacio la ruffianaggine angelica del suo bambino.
Già. Ma tutto questo ci parla solo di un attore. Di un grande attore, se vogliamo. Sono gli attributi di un attore, i suoi testicula (tant’è che in altri film, come Syriana, non seduce nessuno). Ma confondere l’attore con l’uomo, che razza di notizia è?
Si racconta che una signora andò nello studio di Georges Braque, il padre del Cubismo, a Parigi, per acquistare un quadro. Lo studio era tappezzato di dipinti. A un certo punto la signora (che doveva avere tanti soldi e perciò si considerava un’intenditrice di pittura - così va il mondo) indicò uno di questi dipinti e disse: «Maestro, quella donna ha un braccio più lungo dell’altro».
Georges Braque, che era famoso per la sua bontà, le rivolse un sorriso gentile e rispose: «Ma signora, quella non è una donna: è un quadro».
E dunque, di cosa stiamo parlando? Vi ricordate di quando saltò fuori la storia di Richard Gere, che alla ricerca di emozioni estreme si faceva infilare dei topolini dove dico io? Eppure Richard Gere è e rimane figura virile, sensuale ma anche paterna, seduttrice e bonaria, erotica e spirituale, tra Las Vegas e il Tibet, come tutti noi vorremmo essere, topolini o non topolini.
Stiamo parlando di attori, di artisti celebri, di uomini che hanno trasformato il proprio corpo, il proprio apparato emozionale, il proprio metabolismo in strumenti di lavoro. Uomini che lavorano nel più delicato dei settori, nel Dipartimento di Stato dell’umanità, non semplicemente la fabbrica delle immagini (candida nostalgia fordista) ma nei Servizi Segreti del nostro immaginario, ossia della centralina di comando di quel sistema complesso che si chiama «uomo».
Eppure lo choc è grande, vedo. Si sperava, almeno stavolta, che fosse tutto vero. Troppo bello (lui, George) per non essere vero. Si sperava che l’attore coincidesse con l’uomo, che il quadro coincidesse con la donna.
George Clooney è gay? Prima di tutto: chissene. E, in secondo luogo: siamo sicuri che lui lo sappia?
Capisco la montata lattea mediatica, dovuta alla nostra ingenuità (che è comunque un pregio), con i suoi amici che insistono, «e dillo, no?», lui che si nasconde, nicchia per stare al gioco.
Capisco che dietro questa storia ci sarà di sicuro qualcuno che ci guadagna un sacco di soldi, perché quando non si vede un senso nemmeno col cannocchiale vuol dire che ci sono di mezzo i soldi.
Capisco anche la Canalis, che è anche lei un’attrice brava nella parte di quella che la dà agli uomini ricchi e famosi, ma comunque un’attrice, una professionista (un quadro, insomma), in questo dramma degli equivoci voluti.
Però sempre di un dramma si tratta. Di una carta da decifrare. Di un combattimento profondo. Di una frase in cui è difficile mettere gli accenti giusti. Chissà se a farmi etero è stata la natura oppure un giro come un altro della ruota della fortuna (ciao, Mike). Un ex leader terrorista mi disse che, se non fosse stato di Sesto San Giovanni, non sarebbe mai finito nella lotta armata. Chiamatela biografia, chiamatelo destino. Ma c’è un mistero, in noi, che va al di là della biologia e dei cromosomi.
Nell’antica società ateniese, tra le famiglie in vista il fatto che un figlio mostrasse una preferenza troppo smaccata per il sesso femminile veniva guardato con sospetto, come una deviazione inopportuna per un giovane che ambiva alle alte cariche.
Nella società dell’immagine è difficile, sempre più difficile conoscere se stessi. Resta il gioco. Ma allora che il gioco sia serio e ben giocato, come fa l’attore George Clooney, che potrebbe non sapere se è gay o no, ma che conosce la differenza tra una donna e un quadro.


A chi incontro per la prima volta non chiedo mai se è gay o etero, se crede in Dio, se è sposato, che lavoro fa e compagnia bella. Sono cose senza importanza. Conta l’uomo, e l’uomo si vede dal modo in cui opera. George Clooney fa benissimo quello che deve fare, e questo dovrebbe bastare. Il resto sono solo soldi.

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