Chiude per sciopero il 98% delle farmacie

Pochi i disagi ma il Codacons vuole denunciare i negozi con le serrande giù

Marco Guidi

Circa il 98 per cento. Questa la percentuale di adesione fra le farmacie private milanesi allo sciopero indetto ieri da Federfarma contro le «liberalizzazioni» volute dal ministro Bersani.
Niente file, tuttavia, davanti alle poche farmacie aperte. I titolari degli esercizi di turno registrano un’affluenza comunque nella norma. Federfarma fa sapere che molti consumatori avevano affollato le farmacie nella giornata di martedì, in previsione della serrata. Eppure il Codacons di Milano si dice pronto a presentare un esposto alla Procura della Repubblica nei confronti delle farmacie chiuse. Il capo d’imputazione è quello di «interruzione del pubblico servizio». L’iter dei Consumatori prevede la raccolta delle lamentele e poi, eventualmente, l’azione in sede legale. «Rimando la provocazione del Codacons al mittente - risponde il presidente di Federfarma Lombardia, Paolo Gradnik -. Ci siamo comportati più che correttamente, garantendo comunque un buon servizio». Rivendica il diritto a manifestare il presidente dell’Ordine dei farmacisti della provincia di Milano e Lodi, Andrea Mandelli. «Le procedure per l’idoneità dello sciopero erano state ampiamente espedite presso l’esecutivo». Mandelli lancia anche una provocazione. «Perché il governo ha agito così repentinamente, di notte e senza consultarci? Se l’avesse fatto Berlusconi sarebbe successo il finimondo». Qualcuno però, nel settore, appoggia le scelte di Bersani. In piazza Duomo sfilano gli aderenti al Movimento nazionale liberi farmacisti. Il decreto, per loro, «è un primo, timido passo verso la libera concorrenza nel sistema delle farmacie». Si discostano dall’iniziativa di Federfarma anche gli esercizi dati in concessione dal comune. Sante Fermi, amministratore delegato di Admenta (azienda che detiene la maggioranza delle azioni della municipalizzata) giudica il blocco «non corretto» e garantisce che «nessuna farmacia comunale a Milano ha aderito alla protesta».
Anche i politici si fanno sentire. L’assessore comunale alla Salute, Carla De Albertis, critica Bersani e si schiera al fianco dei farmacisti: «Il decreto rappresenta un provvedimento da soviet. Il nostro servizio sanitario nazionale è tra i migliori al mondo e i farmacisti sono figure chiavi del sistema. Massima comprensione e solidarietà alla categoria». Di tutt’altro parere è il presidente della Provincia, Filippo Penati. «La concorrenza difende i diritti dei cittadini consumatori e l’opinione pubblica è favorevole alla liberalizzazione. Spero che quello che ha fatto il governo sia solo l’inizio». Domenico Zambetti, assessore regionale all’Artigianato e ai Servizi, si scaglia decisamente contro il ministro per lo Sviluppo Economico. «Il decreto Bersani è una brutta pagina della democrazia di questo Paese. È uno strumento forte con i deboli e debole con i forti».

Zambetti legge nelle mosse del governo una volontà politica precisa: «Prodi vuole colpire l’elettorato moderato, dai tassisti, ai farmacisti, agli avvocati, ai panettieri, ai notai». E intanto, con tutti questi blocchi, ci rimettono pure i cittadini.

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