Choc in Giappone: arrestato Horie re Mida di Internet

Il 33enne imprenditore, celebre nel suo Paese per la rapida ascesa e lo stile anticonformista, è accusato di aggiotaggio e di false comunicazioni societarie

Roberto Fabbri

È il trionfo del Giappone vecchio stampo, quello del lavoro duro e disciplinato come in caserma, rigorosamente in giacca e cravatta. Quello che non aveva mai digerito il successo clamoroso ma “fuori dalle regole” di un giovane yuppie scapestrato come Takafumi Horie, imprenditore-meteora che a 33 anni era uno degli uomini più ricchi e popolari del suo Paese. E che ieri è stato arrestato con tre collaboratori, sotto l’accusa di aggiotaggio e false comunicazioni societarie.
Un arresto choc non solo per quanti, soprattutto tra le giovani generazioni, vedevano in Horie un idolo e un simbolo di modernità e di spregiudicatezza. Ma anche per gli ambienti politici che lo hanno sostenuto, cercando di servirsene come compagno di strada e acchiappavoti: discorso che riguarda in particolar modo il premier liberale Junichiro Koizumi - lui pure amato per il suo stile anticonformista - che alle ultime elezioni legislative di settembre lo aveva convinto a candidarsi nelle sue liste a sostegno di riforme, come quella delle Poste, che hanno dato una svolta al vecchio Giappone. Horie, per inciso, non fu eletto, e questa fu una delle tante sue imprese un po’ velleitarie che non andarono a buon fine.
Adesso che il vulcanico re Mida è in manette, Koizumi si trova in imbarazzo. Il premier ha scelto un basso profilo, limitandosi a osservare che bisognerà far giustizia se ci sono stati reati. Ma come Koizumi si trovano a disagio grossi nomi dell’economia, della finanza e della comunicazione (non soltanto giapponesi) che avevano portato Horie in palmo di mano. Per tutti costoro non è facile confrontarsi con la verità annunciata dalla Procura di Tokio, secondo la quale l’arresto del giovane magnate è sostenuto da «prove materiali inconfutabili» della sistematica violazione delle leggi che regolano gli scambi azionari in Borsa. E soprattutto con il fatto che queste accuse, qualora provate, metteranno a nudo che Livedoor, il colosso della multimedialità su internet fondato da Horie, era stato costruito su fondamenta d’argilla.
Takafumi Horie, nato nell’isola di Kyushu nel sud del Giappone, aveva dato il via alla sua avventura imprenditoriale nel 1996. Ottenuto un prestito di 50mila dollari, interruppe gli studi in una prestigiosa università della capitale per fondare un’impresa internet, dal simbolico nome «Livin’ on the edge», rubato a un brano del gruppo rock Aerosmith che invita a «vivere sull’orlo del precipizio». Fece seguito la nascita di Livedoor, un portale internet che con la sua spregiudicatezza era una consapevole sfida alle convenzioni del Giappone tradizionale. Una scelta vincente, che portò molto denaro e molto in fretta. Horie, intanto, diventava un personaggio: sempre vestito con magliette trendy, i capelli tagliati a spazzola, cominciò presto a mettere in pratica il suo credo da yuppie, facendosi vedere in giro in Ferrari e acquistando un jet privato.
Sotto la sua guida, Livedoor cambia progressivamente volto: prende a rastrellare azioni e ad acquisire decine di società. Ma la vera fama per Horie arriva due anni fa, quando tenta di comprare una nota squadra di baseball (sport molto popolare in Giappone); l’anno dopo stupisce annunciando di essere sul punto di conquistare il controllo della maggioranza azionaria del colosso televisivo privato Fuji Tv. Vuole rivoluzionarne il management e dar vita ad una televisione a pagamento on demand, ovviamente via internet. Giura di voler superare la fama del guru mondiale del settore, Robert Murdoch.
Nessuno dei due progetti arriva realmente al traguardo, ma Horie “sfonda” comunque. Ormai è un’icona del nuovo Giappone, tiene lezioni all’Università e dà pubblicamente consigli di Borsa ai risparmiatori. Trasferisce il quartier generale di Livedoor in un rutilante grattacielo del centro di Tokio e accoglie come un atto dovuto l’invito di Koizumi a candidarsi in Parlamento. Un’altra avventura fallita, perché Horie viene sconfitto da uno dei vecchi baroni liberaldemocratici messi alla porta dal premier.
La fine della leggenda si avvicina. Mentre la capitalizzazione di Livedoor supera la soglia record dei sei miliardi di dollari, si stringe attorno al ragazzo prodigio il cerchio della magistratura, che ha trovato e-mail dello stesso Horie che ordinano la diffusione di false notizie in Borsa per favorire il gruppo.

Asserragliato da una settimana nella sua torre di 54 piani, Horie continua a negare di aver commesso alcunché di illegale, finché ieri lo raggiunge il mandato di arresto.
I manager superstiti di Livedoor si sono affrettati a far sapere che presto la dirigenza sarà rinnovata. Sic transit gloria mundi, anche a Tokio.

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