Churchill: «Hitler deve finire sulla sedia elettrica»

Winston Churchill voleva che Hitler finisse sulla sedia elettrica, come un gangster. Secondo un gruppo di documenti segreti - declassificati dal governo di Londra dopo 60 anni di “copertura” dalla fine della guerra e ora a disposizione degli studiosi all’archivio nazionale britannico - Sir Winston Churchill voleva riservare ad Adolf Hitler, se fosse stato catturato vivo dagli alleati, l’esecuzione capitale. È quanto emerge dalla minuta della riunione del consiglio di guerra britannico del 6 dicembre 1942, redatta, secondo la procedura, dal segretario del gabinetto, Norman Brook. «Se Hitler cade nelle nostre mani, certamente dobbiamo giustiziarlo. Quest’uomo è il male assoluto e deve morire come un gangster», disse nell’occasione il premier britannico. Da notare che all’epoca anche in Gran Bretagna vigeva la pena di morte, ma per impiccagione e così - secondo il documento - Churchill ipotizzò di chiedere in prestito agli americani una sedia elettrica appositamente per l’esecuzione di Hitler.
Ma il destino riservato al Führer non è l’unica rivelazione che emerge dalle carte appena desegretate. Nei documenti sono registrate infatti le discussioni del governo inglese dal 1942 al 1945 in cui si poneva il problema del trattamento dei nazisti, in caso di loro cattura. Nell’aprile 1945, per esempio, il ministro dell’Interno Herbert Morrison espresse dubbi sull’opportunità di un «processo truccato» per i vertici del regime nazista: «Meglio dichiarare che li dobbiamo giustiziare» affermò. Churchill era d’accordo che un processo a Hitler sarebbe stato una «farsa», ma entro qualche settimana sia gli Stati Uniti sia la Russia si espressero a favore di procedimenti giudiziari per i nazisti, e i processi - come è noto - ebbero effettivamente luogo, in seguito, a Norimberga.
E proprio il «processo del secolo» (ma sarebbe meglio dire «i processi», che durarono dal ’45 al ’49), del quale il 20 novembre scorso si sono celebrati i sessant’anni dall’apertura, è al centro anche in Italia di una serie di recenti pubblicazioni. Innanzitutto, la riedizione di Anatomia dei processi di Norimberga (Rizzoli) scritto da Telford Taylor, membro del collegio d’accusa americano nel primo processo e pubblico ministero negli altri dodici. Dove all’attenzione dello storico si aggiunge il sapore della testimonianza oculare, quando Taylor rivela le rivalità e le ripicche tra i rappresentanti degli Alleati, l’abilità professionale degli accusatori e le loro incredibili gaffes, l’agghiacciante deposizione degli ufficiali delle SS e l’orrore incredulo dei giudici di fronte alla proiezione dei filmati girati nei lager. Il secondo libro sono le memorie di George M.

Gilbert (Nelle tenebre di Norimberga, Edizioni Sei), lo psicologo americano che durante il processo ebbe l’opportunità unica di osservare con scientifica imparzialità, incontrandoli tutti i giorni, Goering, Hess, Keitel, Ribbentrop, Frank, Jodl e tutti gli altri gerarchi nazisti, che a poco a poco gli rivelano i loro pensieri più intimi.

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