Cinzia Romani
da Roma
«Incontrandola a Parigi, ho preso le sue mani affusolate tra le mie e le ho detto: non potevo sperare in una Dalida migliore!», racconta Bruno Gigliotti, che della sorella Yolanda, lintensa cantante italo-francese suicida nel maggio del 1987, ha lidentico sorriso dolceamaro. Ed è a Sabrina Ferilli che si riferisce il produttore musicale (in arte Orlando), commosso mentre, accanto allattrice romana, ricorda le tappe percorse per arrivare a Dalida, il film tv in onda su Canale 5 domenica e lunedì. Altro che Madonna. Altro che Penelope Cruz, probabili interpreti di primo momento. Unitaliana, ci voleva. «Cera il pericolo di cadere nella caricatura, ma Sabrina ha saputo rubare lanima di Dalida, conquistando il cuore dei francesi», avverte lerede spirituale dellartista dorigine calabrese, morta per unirsi al suo amore perduto, Luigi Tenco (qui: Alessandro Gassman), suicida nel 1967 a Sanremo.
La fiction, interpretata da una Ferilli allapice della propria maturità interpretativa (Le Figaro la paragona alla Magnani) e con Christopher Lambert come conte di Saint-Germain, ha entusiasmato le platee francesi e la superciliosa critica dOltralpe, laddove il mito di Dalida ancora vive. Tantè che nel quartiere parigino di Montmartre, nel 1997 è stato inaugurato un busto della cantante, nella piazza a lei intitolata. E uguale successo si è registrato in Belgio, in Lussemburgo, in Canada, Paesi francofoni che hanno amato la miniserie Mediaset, co-prodotta da Cattleya, e girata da Joyce Buñuel, figlia del maestro Luis.
Tornata mora, dopo essersi tinta di biondo, per fare Dalida, Sabrina Ferilli, rilassata e abbronzata, svela i segreti del suo passionale personaggio.
Lei, così solare, agli antipodi della malinconica Dalida, come ha fatto a calarsi in un ruolo fatto di sguardi e tormenti?
«La mia vita dattrice ha conosciuto diverse stagioni e Dalida è arrivata nel momento in cui mettevo in discussione certe mie sfrontatezze giovanili. Non è vero che, con gli anni, si acquista sicurezza. Anzi, gli anni rendono le persone più fragili e timorose».
Ma che cosa ha, in comune, con un personaggio femminile così malfatato?
«Dalida è più duna leggenda e, nei miei passaggi esistenziali, mi ha innamorato avvicinarmi a questo ruolo. E poi, non sono stata chiamata a interpretare, ma a vivere la storia di Dalida: ci ho studiato su un anno e mezzo!».
Nella fiction, canta in play-back una ventina di canzoni: è stato più difficile o più divertente?
«È stato, in assoluto, il più difficile dei lavori fatti fin qui, perché ho dovuto imparare bene il francese, codificando gesti, ma evitando, comunque, di copiare Dalida. Ho teso ad evocare un personaggio, che ho molto amato. E mi sono permessa qualche licenza».
Per esempio?
«Mi son presa la libertà di credere che Dalida avesse vissuto certi passaggi da italiana. E da star. Io non sono una star, ma, da artista, so di essere di tutti e di nessuno. Provavo invidia per il fatto che i francesi si fossero appropriati di questo mito moderno. E mi sono messa a disposizione di Dalida, per riappropriarmi della sua italianità».
La cantante, che nel 1950 fu Miss Egitto, e che i francesi ritengono una star di casa loro, sarebbe unicona italiana?
«È, comunque, una donna nostra. E ho voluto riportare a casa il personaggio. Dalida ha vissuto il suo mestiere come una missione. E io sento la responsabilità, non il privilegio, di essere popolare».
Cè stato un lato divertente, in questa lavorazione?
«I 240 cambi dabito. Per i quali sono stati pagati i diritti dautore, perché gli stilisti copiavano i modelli originali».
Quando Tenco e Dalida vissero la loro storia damore, lei era piccina. Che cosa sa di quella storia?
«Ho letto a tappeto tutto quel che potevo, su di lei, su Tenco. Lucio Dalla mi ha raccontato di certi risvolti dellambiente musicale».
Smentisce le voci che la vorrebbero accanto a Nancy Brilli, in una versione italiana di Desperates Housewifes, sceneggiata da Rita Rusic?
«Non ne so niente! Di certo, questestate porterò al teatro allaperto di Villa Torlonia, in accordo con il Comune di Roma, il musical Rugantino. Come sognavamo io e Garinei».
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