Ci sono due Obama E il secondo è meglio del primo

Caro Granzotto, ho l’impressione che si debba tornare a monitorare Obama - sòla? Non sòla? - il quale, invece di andarsene in vacanza, salvo la gita sulle spiagge colpite dalla marea nera, seguita a sfornare riforme «storiche» o «rivoluzionarie», come di dovere per un presidente messianico. L’ultima è di (trar)tassare i ricchi. Non sarà un’idea originale, però...
e-mail

Ormai è chiaro, caro Loi: ci sono due Obama. L’arruffone parolaio che una ne fa e cento ne pensa e il solido, quadrato, pragmatico Presidente degli Stati Uniti che bada a fare gli interessi del Paese. Il primo ha sfornato una rachitica riforma sanitaria che non è né carne né pesce scontentando tutti (come non hanno fatto che ripetere l’insieme dei giornali - autorevoli, ovvio - statunitensi); una stretta di sapore etico sulle banche e la finanza in genere che solo il tempo dirà se benefica o malefica, perché quando si mettono argini ai capitali non si sa mai come andrà a finire. E adesso, il primo Obama se ne è uscito con questa storia di spennare i ricchi, faccenda non certo originale (lo minaccia persino, dal Tavoliere delle Puglie, Nichi Vendola) e piuttosto laboriosa nell’eventuale passaggio tra il dire e il fare. Il secondo Obama è quello di Guantanamo, dell’Irak e dell’Afghanistan, delle extraordinary rendition, della portaerei George Washington al largo di una Corea del Nord con pruriti nucleari: un Obama stars and stripes con l’elmetto in testa. E capace di mettere a segno colpetti che magari non saranno storici per quei mamalucchi dei nostri «sinceri democratici», ma ti colmano l’animo di speranza. L’ultimo in ordine di tempo, la benedizione data a Michelle Rhee - provveditore agli studi nel distretto di Columbia, Washington, in pratica - e al suo repulisti al corpo degli insegnanti. Nel senso che ne ha già fatti fuori - licenziati in tronco - 226 e s’appresta, se non si rimettono subito in riga, a mandarne a casa altri 737. La cosa curiosa è che i licenziati e i licenziandi sono per lo più insegnanti afroamericani - negri, per dirla come lo dice il documento ufficiale che Obama firmò alla Casa Bianca, e del quale abbiamo già parlato - ma essendo Obama quello che è ed essendo Mrs. Rhee di origini coreane, nemmeno il più isterico dei liberal azzarda a parlare di discriminazione razziale. La discriminante è, caso mai, l’impegno sul lavoro, la didattica, la diligenza e coscienziosità di quei primi 226 defenestrati, attributi virtuosi dei quali, a sentire la Rhee, non si vedeva traccia. Quegli insegnanti, cioè, non insegnavano. Promuovevano happening e assemblee in classe; consideravano gli svarioni di grammatica o di matematica non errori, ma consentite «manifestazioni caratteriali»; lasciavano che la classe si autodisciplinasse e se si non si autodisciplinava, pazienza. «Ogni studente di scuola pubblica - è il proclama della provveditora - ha il diritto di avere un educatore altamente qualificato» e nessuno, salvo i licenziati, ha trovato da ridire. Pensi, caro Loi, se il ministro Gelmini adottasse il metodo Obama-Rhee, ovvero procedesse all’unica e vera e radicale riforma della scuola mandando a casa gli insegnanti che o non sanno o non vogliono insegnare (l’abbicci. L’epopea del Che Guevara, quella sì). Come è già successo, i «sinceri democratici» calerebbero in piazza i loro marmocchi con appeso al collo cartelli del tipo: «I maestri li giudichiamo noi bambini - Non le Mariastella Gelmini». E i sindacati? E la società detta civile? E i santoros? E i repubblicones? Non li terrebbero a bada nemmeno i Caschi blu.

Sempre che l’Onu, e non farebbe meraviglia visto che s’affida a climatologi mariuoli, non si schierasse dalla parte degli insegnanti lavativi, baionetta in canna (in tal caso noi opporremmo resistenza bombardandoli con i vocabolari, le Divine commedie, le tabelline, i teoremi di Pitagora, gli atlanti De Agostini, le tavole degli elementi, le grammatiche e, se serve, anche con banchi, calamai, lavagne, gessi e cancellini. E vediamo chi la vince).

Commenti
Pubblica un commento
Non sono consentiti commenti che contengano termini violenti, discriminatori o che contravvengano alle elementari regole di netiquette. Qui le norme di comportamento per esteso.
Accedi
ilGiornale.it Logo Ricarica