«Ciak si vota», la politica a colpi di spot

Paolo Brusorio

da Milano
«Cari compagni, attenzione al rossetto, vezzo tipico delle donne borghesi. Se trovate una scheda macchiata di rosso dopo l’umettatura, allora annullatela in qualche modo. Non è nostra». Lo spot ha oltre 50 anni: nacque quando le schede si chiudevano leccandole come una busta prima di infilarle nell’urna e dunque ogni segnale era utile per decifrare l’appartenenza politica. Con la repubblica appena battezzata, le elezioni erano un momento esplosivo. Senza televisione, in anni in cui l’analfabetismo galoppava, la propaganda doveva puntare su messaggi facili da comprendere e difficili da dimenticare. Questo ci fa vedere Ciak si vota, lavoro in tre puntate su Raiuno (di cui stasera andrà in onda la seconda, I comunisti, e martedì 29 l’ultima), curato da Tatti Sanguineti con materiali dell’Istituto Sturzo e dell’Istituto Gramsci.
Guardandolo, si vede come, all’epoca, la propaganda avesse preso strade diverse: se la Dc demonizzava l’avversario, il Pci provava invece ad esaltare i propri ideali. Nel primo caso, due erano le strade percorse: rendere ridicolo il nemico o enfatizzarne la sua pericolosità. Così faceva lo Scudocrociato con Palmiro Togliatti. In un cartone animato da proiettare nelle sale parrocchiali il segretario comunista è infatti «l’astuto Palmiro, un simpatico ometto» che, colbacco in testa, arriva da Mosca su una slitta e che parla come i compagni del Cremlino. Togliatti fa un comizio e, dietro di lui, la statua di Stalin cade e va in mille pezzi. Si sorride per tornare seri, almeno era l’intenzione della propaganda Dc, quando la macchia rossa sinonimo del terrore si espande da Mosca fino a coprire tutta l’Europa. Ci sono i comitati civici, il braccio secolare della chiesa, e la mannaia della scomunica per chi vota comunista; c'è l’ufficio psicologico che studia le direttive strategiche; i film dai testi letti e approvati dai consulenti ecclesiastici e anche la maschera di Pulcinella arruolata per la campagna contro i compagni.
Si fa di tutto per carpire il voto, convincere gli indecisi e ribattere alla propaganda del Pci che, decisamente meno creativa, aveva nell’organizzazione il suo punto di forza. «Come in tutte le cose che fanno i comunisti, c’era molta professionalità» dice Giulio Andreotti. Più che una propaganda, un «one man show»: Palmiro Togliatti. Che sale sul vagone letto diretto in Urss per i funerali di Stalin; che fa visita alle sezioni del partito e alle feste dell’Unità. E che il 14 luglio del ’48 viene ferito in un attentato: le strade che si riempiono di lavoratori, il «grande sciopero diventa simbolo mondiale della lotta». Poi il ritorno del Grande comunicatore e il film di Carlo Lizzani.
Per la sua campagna, il Pci ha un fertilizzante eccezionale: l'Unità. Alla domenica il giornale arriva a vendere un milione di copie; le giovani staffette del partito battono copia per copia la provincia italiana e leggono gli articoli agli analfabeti.

E alle pellicole delle sale parrocchiali, i comunisti rispondono con le «filmine», foto proiettate nelle sedi di partito. Scene di vita in Urss, comizi, manifesti. Sono il dribbling alla censura: inflessibile con le immagini in movimento, molto meno poteva contro quelle fisse. E così si fregava il bisnonno del Garante.

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