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Ciampi frena la corsa del Professore

Prodi cerca di accorciare i tempi per ricevere il mandato entro la settimana, ma il Presidente chiede garanzie

Ciampi frena la corsa del Professore

Massimiliano Scafi

da Roma

Un po’ di sole a Castelporziano, due passi nel verde della tenuta, gli ultimi ritocchi al discorso del primo maggio: preoccupato per la tenuta dei conti pubblici e per gli impegni internazionali del Paese, Carlo Azeglio Ciampi approfitterà della festa del lavoro per lanciare un allarme sulla situazione economica. E Prodi? Può attendere.
Per l’incarico al Professore, dopo le accelerazioni dei giorni scorsi, si registra infatti un deciso colpo di freno. Se il leader dell’Unione si dice «pronto» a ricevere l’investitura, il capo dello Stato è ugualmente «pronto» a concederla, purché Prodi e il centrosinistra riescano a mettere in campo delle precise garanzie. Quelle politiche, sulla compattezza della maggioranza, sono in parte state già squadernate con l’elezione sia pur sofferta di Franco Marini al Senato. Quelle procedurali sono invece ancora tutte la dimostrare. Da qui al 13 maggio, ultima data utile per l’inizio delle votazioni per il Quirinale, ci sono solo due settimane di tempo. Dimissioni del governo Berlusconi, formazione dei gruppi parlamentari, consultazioni ufficiali, incarico con riserva, ritorno sul Colle con la lista dei ministri, scioglimento della riserva, voto di fiducia a Montecitorio e Palazzo Madama. Tutto questo in quattordici giorni: perché la nave prodiana vada in porto, c’è bisogno non solo di un accordo politico a prova di bomba ma anche di un percorso istituzionale ben incardinato. Prima di decidere, il presidente vuole lumi dalle Camere «perché la nostra è una Repubblica parlamentare».
Se Prodi ce la farà, «se le Camere saranno pronte» e forniranno al capo dello Stato le adeguate garanzie, già venerdì o sabato il Professore potrebbe avere il mandato per formare il governo. Se non ce la farà, se il cammino parlamentare s’impantanerà in qualche possibile ingorgo, allora, sorpresa, ad accelerare sarà il ricambio sul Colle. Ciampi vuole soluzioni rapide, come richiedono l’emergenza finanziaria e lo scenario internazionale: non resterà al Quirinale «con le mani in mano». Così, Fausto Bertinotti potrebbe convocare già per l’otto o il nove maggio i grandi elettori, cioè il Parlamento in seduta comune integrato dai rappresentanti delle Regioni. In questo caso quindi prima il presidente della Repubblica e poi il capo de governo. Anche Romano Prodi sembra che si stia acconciando allo scenario del rinvio. «Saremo pronti il cinque maggio - dice -. L’obbiettivo è quello di prepararci per quando sarà conferito l’incarico, prima o dopo il nuovo presidente della Repubblica».
La partita dunque in queste ore non si sta disputando sul Colle. Partita doppia, un poker con buio e controbuio, ma Ciampi dice di non essere un giocatore. «Sono solo un notaio, per di più in scadenza di mandato», ripete ai suoi collaboratori. E se anche dal centrodestra aumentano le pressioni perché accetti un secondo settennato, lui preferisce restare in silenzio e non intervenire nel dibattito. Calma e gesso pure sui tempi dell’incarico, stabiliti e scanditi, si ricorda «dalla Costituzione». La linea è prudenza, prudenza, prudenza, anche per non bruciare le residue possibilità di una riconferma, se mai le volesse davvero coltivare.
Intanto, dopo questa domenica di parziale relax, una delle ultime forse passate a Castelporziano, l’agenda presidenziale è molto fitta. Oggi lo scadenzario prevede la partecipazione ai funerali delle vittime di Nassirya e la cerimonia del primo maggio con il discorso sullo stato dell’economia. Martedì, intorno all’una, riceverà il dimissionario Silvio Berlusconi, che pregherà di restare il carica per «il disbrigo degli affari correnti», poi partirà per un viaggio di due giorni con tanto di bagno di folla nella sua Livorno: sarà l’ultima trasferta del suo mandato.

E giovedì, se la macchina del nuovo governo non si sarà ingolfata, potrebbe sentire Marini e Bertinotti e poi i rappresentanti dei gruppi politici. L’incarico, in questo caso, entro la settimana. Ma allo stato, dicono, «sono solo ipotesi».

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