Politica

«Ciao Tommy», il grido di una città in lacrime

Un lungo corteo dal Duomo di Parma a Tizzano, il paese della madre dove il piccolo è stato sepolto

Cristiano Gatti

nostro inviato a Parma

Una bara così leggera da portare, così pesante da sopportare. Nelle sue dimensioni sembra quasi un giocattolo, un macabro giocattolo bianco per strane e innocenti liturgie. Ma dentro ci sta tutto il carico insostenibile di una creatura vigliaccamente sacrificata, un carico che nemmeno tutto assieme il genere umano sarebbe in grado di reggere tra le braccia. Nella bara c'è Tommaso, 17 mesi, il fratellino d'Italia, ucciso crudelmente nella stagione del candore assoluto.
Lacrime e applausi, silenzi e preghiere. Il centro storico di Parma è un'immensa navata che accoglie il meglio dei sentimenti umani: qualche volta, nelle occasioni estreme, fortunatamente riaffiorano dagli angoli bui e remoti del nostro vivere intossicato. Sul sagrato del Duomo, una sconfinata costellazione di corone e di mazzi di fiori. Ne hanno mandati dall'Italia intera, soprattutto dalle carceri: Melfi, Monza, Padova, Matera. C'è l'omaggio - con delegazione - di San Biagio Platani, paese natale di Alessi, il malvagio di questa orrenda storia. Ci sono le corone di Ciampi e di Berlusconi. Ci sono le partecipazioni più impensate e distanti: i bersaglieri di Caserta e i tramvieri di Milano. Ma soprattutto, appoggiati sui gradini, quegli insopportabili testimoni dell'infanzia tradita: orsacchiotti, conigli, topi, tutto uno zoo di peluche dai colori pastello, ornamenti così belli e così dolci nelle camere dei nostri bambini, ma così mesti e malinconici in questo luogo che non è il loro.
La gente osserva e aspetta, lungo le transenne. Migliaia e migliaia di presenze, nessuno può davvero dire quante. «Siano stramaledetti per sempre», dice una madre di famiglia. «Sono serpi, devono strisciare fino all'ultimo dei loro giorni», dice un pensionato. Ancora non c'è traccia di perdono, nell'anima ferita della pubblica opinione. Forse, solo dentro la cattedrale è possibile azzardare un modo più coraggiosamente cristiano di superare l'odio. Forse.
I primi fedeli sono in Duomo dalle otto di mattina. Si sono portati panini e bottiglie d'acqua, come un bivacco in attesa dell'evento. Ivana, una giovane studentessa che fa la volontaria per la Protezione civile, così commenta: «Un anno fa ero al funerale del Papa. È tutto uguale...». Il Papa dei giovani e dei bambini, morto proprio nel giorno del battesimo di Tommy, sembra già abbracciare e proteggere il piccolo, assieme a padre Pio, nella fotografia che la famiglia ha voluto stampare e distribuire in questa giornata particolare. Dietro l'immagine, una lettera di Tommy, pensata dai suoi genitori come un infantile e lievissimo testamento spirituale. Al papà: «Ciao, grande uomo che mi facevi arrabbiare con la barba pungente...». Alla mamma: «Ciao, piccola grande donna che sapevi sempre come consolarmi». Al fratellastro Carlo Alberto: «Ciao, grande fratellone che avevo adottato come compagno di giochi...». Al fratellino Sebastiano: «Ciao, piccolo grande fratellino che mi facevi divertire da matti...». E a tutti quanti noi: «Saluto i grandi uomini e tutte le piccole grandi donne, e tutti i fratelloni e tutti i fratellini di buona volontà, ora che sto per diventare un angelo...». Piangono i ragazzi del coro, piange sotto la sua gloriosa penna il vecchio alpino del servizio d'ordine. Piange l'Italia intera, piange dimostrando almeno di sapere ancora piangere.
Quando arriva l'auto bianca che trasporta Tommy dalla sua chiesa parrocchiale, ultimo giro per il mondo, l'applauso scuote Parma. Il piccolo entra in chiesa con tutti gli onori riservati ai grandi dell'umanità. Quella sua bara strana e improbabile, così leggera da portare e così pesante da sopportare, viene appoggiata su due capitelli di marmo, proprio davanti all'altare. Sopra, una sua foto e la vestina bianca del battesimo. Oggi, adesso, quel punto preciso è il centro del mondo. Come lo sono tutti i punti in cui, maledetta la crudeltà degli uomini, soffre un bambino. È quanto grida con voce ferma e accorata, dopo aver letto il telegramma del Papa, il grande vescovo che celebra questo rito sacro e pietoso, monsignor Cesare Bonicelli: «Celebro i funerali che mai avrei voluto celebrare... Un orco ha ucciso Tommy... Presentiamo a Dio un bimbo senza peccato... Lui è il vincitore, gli assassini sono gli sconfitti: perché hanno ucciso in sé la propria umanità... Questo è il momento per pensare a tutti i bimbi offesi nei loro diritti: Gesù ha avuto parole di fuoco per chi fa loro del male, ha detto che è meglio se si mette una macina al collo e si getta in fondo al mare...».
In prima fila, sotto la scalinata dell'altare, ci sono le autorità: da Casini a Lunardi, dai presidenti dell'Emilia Romagna e della Sicilia fino ai sindaci del circondario. Di lato all'altare la famiglia, con il piccolo Sebastiano che morde la cicca e ogni tanto si copre il volto per nascondere le lacrime. Lì a fianco ci sono i suoi compagni di classe, ciascuno con un tulipano bianco tra le mani.
A tutti quanti loro, il vescovo Bonicelli dedica parole consolatorie. Censurato il degrado etico del nostro tempo, cerca poi di smuovere il cuore della città, ultimamente travolta da fatti enormi: «Parma, nobile e cara terra, scompaia da te la violenza. Rifiorisca l'amore, si torni a sorridere...».
Scrosciano gli applausi. A due passi dalla bara mignon, cadono secche lacrime di papà e di mamma sfiancati. Il rito non sembra finire mai, come a voler prolungare il pesante momento del distacco. Amici di famiglia e volontari della Croce Rossa leggono lettere di mamme e poesie di carcerati. Ne legge una anche il fratellone grande. A chiudere, il saluto dei genitori, che dopo aver ripetuto come sia «difficile adesso essere ragionevoli», così accarezzano la loro creatura: «Ciao Tommy, dacci la forza per tornare a sorridere».
Sono passate due ore. Con tenere parole, il vescovo avvia Tommy alla beatitudine dei cieli: «Da così poco tempo era con noi, e già dobbiamo salutarlo». Fuori, in un tripudio di campane a festa e di fiori colorati, i bambini di Casalbarontolo salutano il feretro liberando in cielo un palloncino azzurro tra tanti palloncini bianchi: quello azzurro porta la foto di Tommy, angelo tra gli angeli, piccolo martire dell'innocenza perduta.
Poi via, verso gli Appennini, attraversando villaggi e contrade tappezzati di striscioni e di fotografie, di mamme commosse e di scolaresche agitate. La meta è Tizzano, paese materno, dove il piccolo cimitero ospita la cappella di famiglia. Qui il rito della tumulazione è un poco più domestico e familiare. Finalmente. Sì, finalmente. Perché davvero è il momento di spegnere i clamori e le telecamere, che sin dal giorno del ritrovamento di Tommy sono rimasti perennemente accesi nel salotto di casa Onofri. Chi lo sa: forse il ritorno del silenzio aiuterà tutti quanti ad imboccare la tortuosa strada della consolazione. A spalmare su questo orrore indicibile il leggero balsamo della parola amen.
Riposa in pace, piccolo Tommy, prediletto del Signore. Possa l'immensa generosità del Creatore risarcirti in eterno.

Lui è giusto, non temere: certamente saprà restituirti tutto quello che la malvagità degli uomini ti ha rubato così presto.

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