Milano Metti una sera poco prima di cena. Metti un moderatore di centrodestra sì, ma che non ha la minima intenzione di moderare. Metti seduti a contendersi gli applausi e una solitaria bottiglia di minerale cinque esponenti di punta della maggioranza (Cicchitto, Quagliariello, Gasparri, Lupi e Bocchino). Metti uninfilata di domande sul dove (e con chi) andare, sul che cosa fare e su quali errori non commettere... Metti tutto questo ed ecco servito in tavola - poco prima di cena, appunto - il divertente e divertito botta e risposta che ha chiuso ieri sera la seconda giornata milanese della Festa della libertà.
Si è parlato di tutto, si è già detto, sotto il pungolo di Mario Sechi, vicedirettore di Libero: dai rapporti tra Berlusconi e Fini («Sarà tregua o vera pace?») a quanti anni è giusto far attendere un immigrato prima di concedergli cittadinanza e diritto di voto («Dieci, cinque, oppure sette?»); dai delicati temi della bioetica ai rapporti con la Lega. Ed è proprio su questultimo punto, sul ruolo di questo convitato di pietra, alleato fedele ma allo stesso tempo legittimamente vorace di voti e di governatorati regionali, che proprio in chiusura di dibattito il messaggio è arrivato da Fabrizio Cicchitto, capogruppo del Pdl alla Camera.
Più che un messaggio, una comunicazione interna. Perché se per tutti qui è pacifico che le elezioni regionali del marzo 2010 saranno una marcia trionfale del centrodestra, è altrettanto vero che la concorrenza sarà tutta in casa. E sarà roba dura, come del resto lo è da sempre - proprio lì, e se ne vanta - lattributo di quelli del Carroccio.
Così non stupisce, semmai suona forse soltanto un po tardivo, lappello sceso insieme al buio sulla platea del Palalido. «Occorre rivitalizzare il Pdl al Nord, riscoprire la militanza di base, perché ultimamente ci siamo un po seduti sulla collocazione istituzionale», ha tirato tutti per le orecchie e senza giri di parole Cicchitto, elogiando il Carroccio per la sua capacità di radicamento sul territorio nel regioni settentrionali del Paese.
Anche perché, ha aggiunto invitando iscritti e dirigenti «a un dibattito interno sì, ma che non sia autoreferenziale», sarebbe clamoroso non riuscire a trovare la sintesi tra due storie di partito diverse (An e Forza Italia).
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