Ciclismo, ecco il Giro del centenario

Finalmente la corsa torna grande: sarà battaglia fra scalatori. In sette giorni tutte le salite del mito, Gavia compreso. Non passerà per Milano, ma ci sono le tappe a casa Coppi e all’Aquila. Peccato che Morgan lo voglia più "trendy"

Ciclismo, ecco il Giro del centenario

Milano Il Giro perfetto per celebrare il Centenario. Un anno dopo. Nel 2009, quando davvero si è trattato di disegnare una corsa degna della sua storia secolare, il patron Angelo Zomegnan ha fatto una scelta spavalda e autolesionista: con abile colpo di bacchetta magica, è riuscito a far sparire dall’Italia le montagne più belle e più gloriose, proponendo un percorso che resterà negli annali per la sua sbalorditiva pochezza. Non a caso, dopo il ragguardevole gioco di prestigio, lo stesso patron fu ribattezzato sul campo Mago Zom.
Se vogliamo, anche quello del 2010 sarà un altro numero di prestigio degno di cotanto Mago. Improvvisamente, dopo aver raccontato - con piglio offeso - che il percorso dell’anno scorso era un’opera di alta creatività, tutto novità e fantasia, eccolo con un abile tocco di bacchetta restituire all’Italia e al Giro le loro strepitose montagne. Tutte assieme, tutte in una settimana. Ladies and gentlemen, ecco a voi il nuovo numero del Mago Zom: domenica 23 maggio Zoncolan (voto 9), martedì 25 maggio cronoscalata a Plan de Corones (voto 10), venerdì 28 maggio Mortirolo (voto 11), sabato 29 maggio Gavia e Tonale (voto 10). Diciamolo: così si ragiona. Ribadiamolo: questo è un Giro. Riconosciamolo: quando vuole, il Mago Zom sa essere un signor patron. Basta che non si metta in testa di fare l’artista fantasioso, perché allora diventa un emerito impiastro.
Sì, è con vero piacere che il ciclismo torna là dove dovrebbe sempre stare: sulle salite del mito. Se poi il Mago Zom riuscirà a tirare fuori dal cappello pure qualche coniglio di nome, leggi Contador, Armstrong, Evans, oltre ai nostri Cunego-Basso e all'ultimo vincitore Menchov, lo spettacolo sarà sublime. Anche perché, giù dalle montagne, il Giro 2010 proporrà altre giornate gustose. Le prime tappe nella culla mondiale della bicicletta, che è l’Olanda. Quindi la cronosquadre, che è sempre un bel vedere. Quindi gli omaggi ai sentimenti, con le tappe in casa di Coppi e in casa dei terremotati dell’Aquila. Quindi il passaggio polveroso nella suggestione degli sterrati toscani, con arrivo tra gli effluvi del nettare di Montalcino. Infine la chiusura thrilling dell’ultima cronometro veronese.
C’è veramente di tutto. Non serve altro. Il Mago Zom ha apparecchiato un’edizione perfetta. Questo, non altro, occorre al ciclismo: le strade più belle per i campioni più coraggiosi. Punto. Il resto è inutile concessione alle mode effimere del momento. Da questo punto di vista, contaminare il Giro d’Italia con X-Factor, come s’è visto nella cerimonia di presentazione, suscita solo un senso di pietoso imbarazzo. Quale il senso, dovrebbero spiegarlo. Siamo al punto che la stessa Gazzetta, presentando la sua creatura, chiede l’intervista niente meno che a Morgan. Il guru di ultima leva comincia rivelando di considerare grandiosa la vita di Pantani, perché dimostra «che non è un borghesuccio mediocre» (ma chi è, D'Annunzio?). Quindi conclude dicendo che il Giro «deve diventare più trendy». E come no. Il problema è essere trendy. Tutti in corsa con la cresta arancione in testa, le borchie sul telaio e un piercing al naso. Ma faccia il piacere, questo Morgan. Non è che sapere due cose sulla musica lo autorizzi a dispensare verità su tutto e su tutti. Stia calmo, stia al suo posto. Tanto quelli come lui, trendy o non trendy, il Giro non lo seguono in ogni caso. Il Giro è l’essenza stessa dell’avvenimento popolare, una storia che si costruisce sulle strade e nelle piazze d’Italia, senza pietire niente a nessuno, tanto meno al generone wow dei talent-show televisivi.
E chiudiamola qui. Non è il caso di insistere, altrimenti si rischia di cadere nel campo opposto, quello noiosissimo del passatismo e delle nostalgie. Il ciclismo non ha bisogno di idiote rincorse a un idiota giovanilismo, né tanto meno di un continuo ritorno alle sue epopee più remote. Il ciclismo deve soltanto rimettersi a vivere nel presente, con serenità e con passione, aggrappandosi all’identità migliore, sempre la stessa, sempre più attuale.

L’ha capita persino il Mago Zom, restituendo al Giro la sua anima, declinata nei nomi della leggenda: Mortirolo, Gavia, Zoncolan. Adesso che l’ha capita, però, deponga la bacchetta magica. Se gli tornano in mente altri numeri strani, respiri forte e faccia finta di niente.

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