
In una Milano vivace e affollata di cinema, musica e storie, la prima edizione del Milano Film Fest si sta distinguendo per l’energia e la varietà della sua proposta. Tra proiezioni in ospedale, eventi nelle carceri, incontri e film in concorso, c’è spazio anche per la riflessione profonda. E proprio in questo spirito, "Due di Noi", film- documentario (fuori concorso) promosso da Gilead Sciences Italia in collaborazione con Europa Donna Italia e Tapelessfilm, è stato accolto con grande partecipazione emotiva.
Il film – diretto da Mattia Colombo e Davide Fois – racconta le vite di Chiara e Teresa, due donne che convivono con un tumore al seno metastatico (diagnosi che, solo nel 2022 ha riguardato oltre 52.000 donne).
Non una storia di malattia, ma di quotidianità, relazioni e futuro. A raccontarcelo è Claudio Santamaria, attore e direttore artistico del festival.
Santamaria, come sta andando questa prima edizione del Milano Film Fest?
“Sta andando benissimo, c’è una bellissima energia, e soprattutto un pubblico trasversale, che è esattamente quello che speravamo. Abbiamo voluto creare un festival inclusivo, che mescolasse generi, temi, linguaggi. Ci sono film, serie, musica, ma anche eventi nei luoghi meno consueti, come le carceri o gli ospedali. È un festival dinamico, come lo è Milano: una città viva, piena di voglia di cultura e confronto”.
Il documentario Due di Noi è stato inserito tra gli eventi speciali. Che tipo di accoglienza ha ricevuto?
“Molto calda, molto partecipe. Non è un tema facile, quello del tumore al seno metastatico, eppure la risposta del pubblico – anche dei più giovani – è stata profonda. Credo che sia proprio questo il senso di un festival contemporaneo: non evitare i temi scomodi, ma affrontarli con intelligenza e delicatezza. Due di Noi lo fa benissimo, perché racconta la malattia senza farla diventare la protagonista assoluta. Il centro restano sempre le persone, le loro vite, i loro legami”.
Il film parla di cronicità, e in un certo senso anche di speranza. Cosa l’ha colpita di più?
“La consapevolezza. Chiara e Teresa sanno di convivere con una diagnosi difficile, ma hanno scelto di vivere pienamente il presente, di costruire progetti, di non lasciare che la malattia definisca tutto. Come dice Chiara nel film – Sono una persona con una malattia, non sono una persona malata - Questo spostamento di prospettiva è fortissimo. E poi c’è una narrazione dell’amore e della cura che è rara da vedere così autenticamente sullo schermo”.
C’è anche un messaggio importante rivolto agli uomini, spesso meno coinvolti nei racconti sulla malattia. È d’accordo?
“Sì, assolutamente. I partner, i familiari, gli amici: tutti vivono il percorso insieme alla persona malata, anche se in modo diverso. Due di Noi dà spazio a questo tipo di relazione, all’umanità che c’è attorno, non solo dentro la diagnosi. Penso che sia un messaggio forte, che invita a non girarsi dall’altra parte, ma a esserci. E raccontarlo è un atto di responsabilità”.
Come avete lavorato per rendere il festival accessibile e aggregante?
“Abbiamo pensato a tutto, anche al lato economico. Milano è una città cara, lo sappiamo, ma abbiamo voluto che il festival fosse alla portata di tutti: l’abbonamento intero ammonta a 40 Euro, il ridotto a 25 Euro. Un modo per permettere anche ai giovani di partecipare. E il risultato si vede: ragazzi, famiglie, adulti, ci sono spettatori che vengono per i film in concorso, altri per i documentari sociali come questo. È bello vedere tanta gente vivere il cinema non solo come intrattenimento, ma come momento di aggregazione vera”.
Nel film si parla anche del Concetto di tempo: il “Kairos”, il tempo vissuto intensamente. Quanto è importante oggi?
“È centrale. Siamo tutti sommersi dal “Kronos”, dai minuti, dagli orari, dai cellulari sempre in mano. Ci manca il tempo che ha senso, quello che serve per fare qualcosa di importante, anche solo per esserci davvero.
Due di Noi è un invito a rallentare, ad ascoltare, a dare”.
Due di Noi sarà proiettato fino all’8 giugno nell’ambito del Milano Film Fest. Un film che parla di malattia, certo, ma soprattutto di amore, scelta e vita. In una parola sola: umanità.