L'amore è eterno finché dura, cosa dice la "teoria degli istrici" di Verdone

L'amore è eterno finché dura è il film con Carlo Verdone e Laura Morante, incentrato su un matrimonio che sembra impossibile da salvare

L'amore è eterno finché dura, cosa dice la "teoria degli istrici" di Verdone

L'amore è eterno finché dura è il film del 2004 diretto da Carlo Verdone che va in onda questa sera alle 21.00 su Cine34. Come si legge anche sul sito di Coming Soon, il film ha avuto vari riconoscimenti, tra cui il Nastro d'Argento dato a Laura Morante per la sua interpretazione, o il Globo D'Oro che Carlo Verdone si portato a casa come miglior attore protagonista.

L'amore è eterno finché dura, la trama

Gilberto Mercuri (Carlo Verdone) è un ottico di cinquant'anni che ha passato quasi metà della vita al fianco della moglie Tiziana (Laura Morante), una terapista da cui ha avuto anche una figlia. Un giorno la tranquilla vita dell'uomo viene mandata all'aria dalla comparsa di un paio di carabinieri alla sua porta, che lo invitano a seguirlo in caserta riguardo a un caso di sparizione di Stella (Gabrilla Pession), una ragazza che Gilberto aveva conosciuto durante uno Speed Date. L'indagine porta Tiziana a scoprire tutti i tradimenti che il marito ha collezionato nel corso del loro matrimonio: la donna decide allora di cacciarlo di casa. Gilberto trova rifugio in casa del collega Andrea (Rodolfo Corsato) che spartisce l'appartamento con la compagna Carlotta (Stefania Rocca). I colpi di scena, però, non sono finiti: infatti Gilberto scopre che anche Tiziana lo tradisce con il suo insegnante di tennis (Antonio Catania). A quel punto, come si può pensare di poter salvare il matrimonio?

La teoria degli istrici

Come si legge su Cinema Fanpage, la lavorazione di L'amore è eterno finché dura non è andata sempre liscia e, proprio alle posizioni di partenza, ci sono stati alcuni problemi prima di iniziare effettivamente le riprese. Il primo "problema" è stata la precisione con cui Verdone si è avvicinato al progetto. Da sempre notoriamente pignolo, Verdone sembrava non essere mai del tutto soddisfatto della sceneggiatura del film, al punto da arrivare a ben tredici versioni della stessa storia, nonostante durante le riprese si sia scelto anche di improvvisare, per Verdone era importante che tutto funzionasse, perché questa pellicola sarebbe stata l'ultima prodotta di Vittorio Cecchi Gori e l'attore e regista volevano che fosse un bel ricordo. Un altro problema furono i dubbi di Laura Morante sull'accettare o meno il ruolo.

Come racconta la suddetta testata, infatti, Laura Morante e Carlo Verdone si incontrarono per la prima volta in una vineria per discutere del progetto. A detta di entrambi, però, l'incontro fu pessimo. Carlo Verdone si sentiva in qualche modo giudicato dalla Morante, come se fosse un ragazzino davanti a un'insegnante particolarmente ostica. La Morante, invece, asserì che il film e il progetto le erano stati raccontati nel modo sbagliato. Fortunatamente poi l'attrice scelse di leggere comunque la sceneggiatura e rivalutò il personaggio di Tiziana, che fino a quel momento le era parsa solo una donna cinica e fredda. Superati questi ostacoli il film poté prendere il via e arrivare poi in sala, dove colpì anche la scelta di dare un po' di spazio a discorsi filosofici e psicoanalitici.

In questo senso è emblematica la rilettura che il film di Verdone fa della cosiddetta Teoria degli istrici, nota anche con il nome di Dilemma del porcospino. La teoria, che è stata ideata dal filosofo Arthur Schopenhauer, si basa sul concetto che tanto più gli esseri umani si avvicinano tra loro tanto più corrono il rischio di ferirsi. Questa teoria si basa sul concetto che gli istrici, avendo degli aculei sul dorso, finiscono col ferire comunque chi gli si avvicina. Nel film Verdone prende questa teoria, affermando che gli esseri umani si comportano proprio come istrici infreddoliti.

Animali che hanno bisogno di avvicinarsi a qualcun altro per non sentire ancora freddo, ma consapevoli di non avvicinarsi troppo perché c'è il rischio di ferirsi. Il dilemma portato sul grande schermo da Verdone risiede proprio qui: se si sta lontani dai propri simili si soffre, se ci si avvicina si soffre allo stesso modo.

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