«La cinese» che fece la rivoluzione con Godard

Da principessa di sangue, non poteva che agitare il Libretto Rosso di Mao, mentre nella Parigi del ’68 i moti studenteschi frustavano la società borghese. Ma la franco-polacca Anne Wiazemsky, per parte materna nipote di François Mauriac (1885-1970), premio Nobel per la Letteratura nel 1952, aveva diciannove anni appena quando diventò La cinese per il Papa della Nouvelle Vague, Jean-Luc Godard. A quell’età il sangue ribolle e l’ex-musa dei Cahiers du Cinéma, col suo caschetto alla moda e l’aria aristocratica, si permetteva il lusso dell’oltraggio: la sua Cinese, nel film imbracciava il mitra, sposando la causa della rivoluzione permanente e uno dei cineasti più importanti del XX secolo.
Adesso che Anne è l’anziana vedova del regista svizzero spunta un suo libro di ricordi, Une année studieuse (Gallimard, euro 17,75), che è pure una lettera d’amore al cinema, alla letteratura e a suo marito, quell’uomo tanto più vecchio di lei, definito da sua madre Claire «un depravato, un provocatore, un uomo senza fede, né legge». L’«anno studioso» del titolo è il 1966, quando Anne sta per prendere la maturità e va a studiare da un’amica, nel Sud della Francia. Dove, per caso o per destino, incontrerà Godard, già famoso per aver girato Fino all’ultimo respiro e Pierrot le fou, opere decisive per scardinare un sistema espressivo imbalsamato, mentre lei è una timida studentessa del Collegio Sainte-Marie, un’orfana di padre che ha nel cattolico Mauriac un tutore severo e comprensivo. Al nonno-monumento di Francia si rivolgerà, infatti, la giovane Wiazemsky, quando si tratterà di dire sì all’intellettuale ombroso e irascibile che le avrebbe fatto da Pigmalione.
E diverte, nel romanzo, il brano in cui un serioso Godard, vestito di scuro e con cravatta nera, si presenta impettito dal patriarca François Mauriac per chiedergli la mano della nipote. «Diventare parente di un autore come Godard: che consacrazione!», fu la battuta pseudoironica dello scrittore cattolico. Rende bene l’atmosfera di quei tempi di (apparenti) rotture definitive un altro quadretto, in cui Anne racconta come il futuro marito si presentasse, al primo appuntamento, su un’Alfa Romeo scintillante, a bordo della quale l’avrebbe portata in albergo, per farne la sua amante.

«Tu non sei solo la mia amante: sei la mia donna», le dirà Jean-Luc, diciassette anni in più dell’avvenente maturanda, che avrebbe girato il suo primo film, Au hasard Balthazar, con un altro mostro sacro, Robert Bresson. Il resto è storia: cinque film con Godard e molti amici nella crema della società parigina, che canta l’Internazionale e stappa champagne d’annata.

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