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In cinque bloccarono 25 treni: assolti

Gli avvocati degli imputati: «Sentenza corretta, fu la folla sulla banchina che li costrinse a invadere i binari»

da Milano

Erano in Stazione Centrale, ma non per bloccare i treni. In quattrocento avevano invaso i binari durante una protesta contri i licenziamenti alla Fiat di Arese, ma secondo il giudice «manca l’elemento soggettivo del reato», in altre parole il loro obiettivo non era quello di creare disagio alle Ferrovie. E quindi devono essere assolti.
Si è concluso così, con un’assoluzione, il processo a carico di cinque lavoratori dell’Alfa Romeo, quattro dei quali appartenenti ai Cobas, che nel corso di una manifestazione indetta il 20 gennaio 2003, bloccarono i treni sui binari della Stazione Centrale. La protesta era contro ottomila licenziamenti decisi dalla Fiat. Quel giorno le tute blu di Arese si fiondarono sui binari della Centrale.
Il traffico ferroviario rimase bloccato per circa 40 minuti. Venticinque convogli accumularono ritardo fino a due ore. La maggior parte dei viaggiatori venne fermata alla stazione di Lambrate e costretta a prendere la metropolitana per raggiungere la Centrale. La protesta era scattata improvvisa alle 10,30. Gli operai, circa 400, con striscioni, fischietti e megafoni avevano invaso i binari all’uscita della galleria, mentre altri distribuivano manifesti e volantini informativi. Le Ferrovie non erano a conoscenza della manifestazione e il traffico aveva subito pesanti ritardi, dai sessanta ai novanta minuti. Per questo cinque operai erano stati denunciati e successivamente rinviati a giudizio per interruzione di pubblico servizio. Un reato per il quale ieri sono stati assolti «per non aver commesso il fatto» dal giudice della quinta sezione monocratica del Tribunale di Milano.
I manifestanti si erano recati in stazione, dopo che il presidente della Regione Roberto Formigoni si era rifiutato di riceverli al Pirellone. Secondo il giudice, però quella degli operai fu una pacifica forma di protesta senza alcun intento di creare disagio. Semplicemente fu la loro ingombrante presenza a mandare in tilt il traffico ferroviario. La conseguenza involontaria di una massiccia presenza.
«È una sentenza corretta - ha commentato il legale dei sindacalisti Mirko Mazzali -. Quei cinque lavoratori si trovavano in stazione per manifestare in difesa del proprio posto di lavoro, non certo per bloccare i treni. Diciamo che erano talmente in tanti che sulle pensiline non ci stavano e quindi qualcuno ha dovuto andare sui binari. Ma in questo caso correttamente il giudice ha stabilito che manca l’elemento soggettivo del reato».
Non è la prima volta che le proteste dei lavoratori finiscono nelle aule dei tribunale per interruzione di pubblico servizio. Ci sono finiti i tassisti, ma anche medici che non rispondono alla chiamata di reperibilità. Un reato per il quale è prevista la condanna fino a un anno di carcere. Tanto che un altro tribunale, quello di Genova, aveva invece condannato sette dipendenti della Piaggio a cinque mesi e 10 giorni di reclusione per aver effettuato un blocco ferroviario, con interruzione di pubblico servizio. Anche in quel caso si trattava di una manifestazione per la salvaguardia del posto di lavoro.

Anche in quel caso la protesta provocò blocchi e ritardi per i treni.

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