da Milano
Nelle Considerazioni finali, Mario Draghi aveva definito «artificioso» il meccanismo introdotto dalla legge sul risparmio in base al quale è necessario un doppio sì (Bankitalia più Antitrust) per dare il via libera alle concentrazioni bancarie. Ora Palazzo Koch insiste, affidando al vicedirettore Pierluigi Ciocca il compito di ribadire la contrarietà dell’istituto centrale nei confronti della norma varata lo scorso dicembre. Tale regime, sottolinea il funzionario di via Nazionale in una memoria presentata al Cnel, «appare ingiustificato se riferito alla acquisizione di partecipazioni bancarie non di controllo, che in quanto tali non rappresentano operazioni di concentrazione ai sensi della legge antitrust».
La cogestione Bankitalia-Antitrust si preannuncia del resto problematica, essendo state poste sullo stesso piano l’esigenza di stabilità, che è finalità della banca centrale, e la tutela della concorrenza, che è l’obiettivo dell’Authority. Basta un «no» e l’autorizzazione si blocca. Anche perché non è stato previsto un soggetto terzo (il Cicr, per esempio) che eserciti la funzione di conciliatore. Non a caso, Ciocca ricorda come rimangano «aspetti problematici in ordine agli esatti confini delle rispettive competenze». E non manca anche di rilevare l’incertezza che ancora circonda «le procedure di coordinamento fra la Banca d’Italia e l’Antitrust».
La necessità di far chiarezza in fretta è data anche dal crescente rischio di conflitti di interesse tra banche e imprese, nonostante la legge impedisca alle imprese di controllare istituti di credito e limiti al 15% la quota massima di diritti di voto che la singola impresa può possedere. Tuttavia, nota Ciocca, «per mezzo di accordi, alcuni soggetti di natura non finanziaria sono in grado di raggiungere e superare quel limite in singole banche, come in taluni casi è accaduto». Negli ultimi 15 anni le imprese hanno raddoppiato la quota (dal 2,2 al 5,1%) possedute in banche quotate, con ciò aumentando la possibilità di «conflitti di interesse derivanti da rapporti partecipativi».
Ciocca non ravvisa invece alcun conflitto di interesse nella proprietà del capitale di Bankitalia tra i controllati (banche soprattutto) e controllante (l’istituto come organo vigilante). E giudica così «infondate» le motivazioni che sostengono la norma che prevede, entro tre anni, il trasferimento delle quote di partecipazione di Bankitalia dalle banche allo Stato e ad altri enti pubblici.
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