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"Circo paradiso", viaggio nei ricordi di due acrobati

I protagonisti, anziani, si ritrovano dopo anni mentre attendono un premio alla carriera

"Circo paradiso", viaggio nei ricordi di due acrobati
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Seguo, da tempo, il lavoro della Compagnia formata da Agnese Fallongo, Tiziano Caputo, Adriano Evangelisti, Raffaele Latagliata, un lavoro che coinvolge la scrittura, la musica e la lingua scenica, nel senso che ogni testo utilizza forme linguistiche, anche dialettali e gergali che vengono alterate da interventi musicali. Spettacoli come "Letizia va alla guerra" vantano tournée di ben tre stagioni, notizia non indifferente, trattandosi di una giovane Compagnia che produce una sua drammaturgia e che ha acquisito un suo stile. Il loro ultimo spettacolo Circo paradiso in scena al Teatro Degli Angeli fino al 14 Dicembre, che ho visto a Forlì, in occasione del Festival "Colpi di scena" organizzato da Accademia Perduta, non rinnega il loro modo di lavorare, anzi gli autori cercano di indirizzarlo verso forme poetiche visto che il Circo, ne è fonte di ispirazione. Lo ritengo uno spettacolo ambizioso che si presenta con un sottotitolo allusivo "Favola scenica" evidente fin dal Prologo, quando Cesare e Attilina si presentano vestiti da lucciole a sottolineare l'appellativo dato dalla critica, per i loro numeri sul trapezio senza rete, quando brillavano per il loro coraggio e per l'alta professionalità. Per Cesare e Attilina le lucciole non hanno nulla di sociologico, non paventano la loro scomparsa, come fece Pasolini, che paragonò la loro estinzione a un mutamento antropologico dell'Italia, perché, a suo avviso, il genocidio delle lucciole, corrispondeva al tramonto dei vecchi valori. Al contrario, Cesare e Attilina, hanno sempre creduto nelle lucciole che rappresentano la lucentezza di chi lavora nel circo. Il testo è un omaggio alla luminosità di questo lavoro che non è solo quella dei riflettori, essendo un lavoro fatto di ostacoli ma che, alla fine, riesce ad esaltare chi lo fa e chi lo vede. È ancora il Prologo a introdurre la favola bella raccontata da due anziani circensi che ripercorrono la loro storia professionale, quella di due ex giovani trapezisti, diventati famosi, fino a essere definiti "lucciole del circo" con la consapevolezza che in quel luogo apparentemente disordinato, anche per la molteplicità dei numeri che si accavallano, esista un ordine prestabilito.

Agnese Fallogo ha immaginato che i due protagonisti appartenessero agli anni Trenta e ha costruito una trama di movimentati flashback che permettono, sia a lei che a Tiziano Caputo, autore anche delle musiche e dei versi, di raccontare la loro storia poetica, dall'infanzia alla maturità, dall'ascesa al tramonto, fatta di presenze e di abbandoni, fino all'agognato premio "Il trapezio d'oro" che dovrà essere loro consegnato durante una serata d'onore.

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