Una città che sa mangiare

Una città la si capisce anche dal modo in cui mangia e dalla sua idea del «mangiar bene». A Milano si mangia bene? Io dico di sì, e molto. E con me lo dicono altri, più autorevoli, come i promotori della manifestazione Golosaria, svoltasi qui nei giorni scorsi.
Se coloro che dettano legge in fatto di alta ristorazione hanno decretato il sorpasso di Roma su Milano, e se i giornaletti e gli inserti locali ci presentano una Milano asfissiata dalla bassa moda (aperitivi, sushi bar eccetera), dando di Milano l'idea di una città stupida e vuota, bisogna dire con forza che le cose non stanno così.
L'informazione dovrebbe essere più completa, non essere solo al servizio della massa di consumatori di moda (anche alimentare) ma valorizzare di più quanto, nella nostra città, costituisce - anche nella ristorazione - un patrimonio culturale.
A Milano si mangia molto bene, a Milano le norme igieniche vengono rispettate (mentre a Roma non lo sono se non da qualcuno), a Milano molti ristoratori e chef difendono, chi con l'innovazione, chi con la cura della tradizione (che non è mai ferma), la cultura del mangiar bene, che fa parte della storia di questa città.
Bisogna però che la città, e innanzitutto i suoi amministratori, facciano qualcosa per proteggere questo patrimonio dagli assalti, soprattutto, dei costi immobiliari. Il ricarico sul consumatore, in certi locali milanesi, diventa eccessivo, e alcuni esercizi storici sono costretti a chiudere.

È capitato con Taveggia, la splendida pasticceria vicino a largo Augusto, e capita ora con la storica Osteria della Pergola (416 anni di storia), proprio quella dove Manzoni fece ubriacare Renzo.
Una città è viva quando ha un passato da trasmettere alle generazioni future. Niente è triste come l'immagine di una città che dissipa la sua storia.

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