La città metropolitana, dunque, è fatta? Balle. Il filosofo sindaco di Venezia Massimo Cacciari, dell'Unione: «Dal '92, ogni maggioranza vara la sua riforma degli enti locali, ma poi non se ne fa mai nulla». Max Bruschi, vicecapogruppo di Forza Italia in Consiglio provinciale: «La città metropolitana del governo Prodi è un clamoroso bluff: semplicemente la Provincia cambia nome e tutto rimane come prima».
Scetticismo a sinistra, scetticismo a destra. Infatti per quello che si capisce interpretando il contorto e macchinoso topolino partorito dalla montagna governativa, questa città metropolitana altro non sarebbe che la vecchia provincia ribattezzata e alla quale i comuni passano parte dei loro poteri. Poi tutto il resto, il come e il quando, è da vedere, da decidere: dalle dimensioni reali del «nuovo» ente al sistema elettorale. E soprattutto nulla si sa dello strumento decisivo per la reale autonomia degli enti locali, il federalismo fiscale.
Andrà, dunque, secondo la profezia di Cacciari, che anche stavolta non se ne farà nulla? Be', i milanesi dovrebbero augurarselo, per diverse ragioni. Limitiamoci ad un paio. Prima: il progetto del governo prevede un «correttivo elettorale» per «tutelare» i comuni minori. Risultato: per Milano che ha un entroterra tanto vasto e due volte più popoloso del capoluogo significherebbe farsi governare dall'hinterland. Seconda regione, i privilegi per «Roma capitale»: soldi in più (e questa non è una novità) e poteri speciali al Campidoglio per trasporti, ambiente, servizi sociali, edilizia pubblica e privata.
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