
Il Competition Appeal Tribunal di Londra ha inflitto un duro colpo ad Apple, riconoscendo la società di Cupertino colpevole di abuso di posizione dominante nella gestione del proprio App Store. La sentenza arriva al termine di una class action che riunisce milioni di utenti britannici, accusando l’azienda di aver imposto commissioni eccessive e pratiche anticoncorrenziali ai danni dei consumatori e degli sviluppatori.
La posizione del tribunale
Secondo quanto stabilito dal tribunale, Apple avrebbe sfruttato la sua posizione per limitare la concorrenza e gonfiare artificialmente i prezzi delle app e degli acquisti in-app, imponendo ai developer di utilizzare esclusivamente il sistema di pagamento interno della piattaforma, con una trattenuta fino al 30%.
Il valore della causa
La causa, dal valore complessivo di oltre 1,5 miliardi di sterline (circa 1,7 miliardi di euro), è stata avviata da un gruppo di consumatori rappresentati dall’esperta di diritto antitrust Dr. Rachael Kent, docente al King’s College di Londra. Il ricorso sosteneva che gli utenti del Regno Unito avessero pagato di più per le applicazioni e i servizi digitali proprio a causa del monopolio esercitato da Apple.
La vittoria dei consumatori
Il verdetto del Competition Appeal Tribunal rappresenta una vittoria storica per i consumatori, ma anche un segnale forte per le Big Tech: il Regno Unito, fuori dall’Unione Europea ma sempre più attento alla regolamentazione dei colossi digitali, intende far rispettare le regole della concorrenza anche oltre il Digital Markets Act europeo.
Apple e il ricorso
Apple, che ha già annunciato ricorso contro la decisione, continua a difendere il proprio modello di business sostenendo che l’App Store garantisca sicurezza e qualità agli utenti. Ma la linea difensiva rischia di non bastare: in un contesto globale sempre più critico verso le pratiche monopolistiche, l’esito londinese potrebbe aprire la strada ad altre azioni legali in Europa e negli Stati Uniti.
Per la prima volta, un tribunale britannico riconosce formalmente che l’ecosistema chiuso di Apple — il suo “giardino recintato” — può configurare un abuso economico sistemico, e non solo una scelta di design o sicurezza. Una sentenza che segna una svolta nell’equilibrio tra innovazione e concorrenza nel mondo digitale.