
Il conto corrente potrebbe diventare presto uno dei diritti fondamentali dei cittadini italiani, con tutta una serie di conseguenze su quelli che sono gli equilibri che ad oggi regolano il rapporto tra istituti di credito e correntisti.
È questa, in sostanza, la situazione che si verrebbe a creare qualora la proposta di legge avanzata dalla maggioranza diventasse legge: dopo il via libera in Commissione Finanze, il testo del ddl approderà alla Camera per la votazione da parte dei deputati. Nel caso in cui venisse approvata, la misura impedirebbe alle banche di porre il proprio veto sull'apertura di un conto corrente così come di chiuderne uno già esistente in modo unilaterale qualora esso risultasse con saldo in attivo.
Per quanto infatti ad oggi il "conto di base", introdotto per favorire l'inclusione finanziaria e garantire l'accesso ai servizi bancari primari a tutti i consumatori, anche a quelli con minori disponibilità economiche, non sia complesso da aprire e risulti tutelato dalle normative vigenti, vi sono comunque delle situazioni per le quali agli istituti di credito è consentitoopporre un rifiuto alla richiesta. Questà possibilità è infatti concessa a banche e Poste nel caso in cui il cittadino non risponda ai requisiti previsti dalla legge o qualora non sussistano rischi di violazione delle normative antiriciclaggio.
La proposta di legge si pone l'obiettivo di andare oltre questo scoglio e garantire a tutti il diritto di aprire un conto corrente, anche in caso di segnalazioni effettuate alla Centrale Rischi e un trascorso da cattivo pagatore della persona, così come in presenza di protesti o chiare insolvenze, ovvero quelle condizioni che attualmente forniscono a un istituto di credito la facoltà di respingere la richiesta, specie se si parla dell'apertura di un conto corrente con carte di credito o fido. La banca potrà opporre il proprio rifiuto esclusivamente qualora sul cittadino gravino forti sospetti di attività di riciclaggio di denaro o di finanziamento del terrorismo, motivazioni che consentiranno anche di chiudere un conto già aperto.
Da un lato ci sono i promotori, che puntano all'"inclusione finanziaria" per garantire ai cittadini il diritto di essere titolari di un conto corrente in un'epoca nella quale i pagamenti con carta sono sempre più diffusi nonché tracciabili, ma dall'altra c'è il rischio di scontrarsi con le norme comunitarie e la stessa Costituzione italiana.
Una proposta simile fu già avanzata dalla Lega anni fa, ma allora la Banca d'Italia rilevò una chiara incompatibilità del testo non solo col diritto europeo ma anche coi principi costituzionali, come quello che tutela la libertà d'iniziativa economica, e con il principio dell'autonomia negoziale.
Oltre ciò, come rimarcato dall'Abi, un'imposizione del genere agli istituti di credito limitata alla sola Italia creerebbe un divario a livello di concorrenza coi competitor di altri Paesi dell'UE e violerebbe il principio di armonizzazione delle leggi comunitarie. Resta da capire se stavolta il tentativo potrebbe andare a buon fine, superando questi ostacoli.