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Pnrr, tutti gli ostacoli che frenano gli investimenti in Italia

La grande macchina del Pnrr si è inceppata: ecco quali sono le criticità principali con cui il nuovo governo si trova a fare i conti

Pnrr, tutti gli ostacoli che frenano gli investimenti in Italia
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Il sottosegretario al Lavoro, Claudio Durigon, è stato chiaro: sul Pnrr (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) i ritardi c'erano anche durante il governo Draghi, "non si può dire che i cinque mesi nostri li hanno causati". Oggi, però, dobbiamo fare i conti con i costi dei progetti che sono lievitati "e credo che Fitto stia facendo molto bene nel dialogo con l'Europa per far capire cosa serve per spendere bene queste risorse". L'obiettivo, adesso, è snellire le procedure per poter gestire quei soldi e non frenare gli investimenti.

1. La spesa è ferma

Come detto, la situazione più grave è la stagnazione della spesa se si eccettuano i crediti automatici: IlSole24Ore ha rilevato che alla fine dello scorso anno, quindi pochi mesi fa, l'Italia avesse speso soltanto 23 dei 191,5 miliardi del Next Generation Eu ma se vengono eliminate le spese automatiche di edilizia e imprese, il dato scende ancora più giù fino a toccare 10 miliardi su quasi 169, in pratica soltanto il 6%. Nei prossimi anni gli investimenti dovrebbero raddoppiare rispetto a quelli previsti inizialmente per recuperare il gap ma è un'impresa molto complicata "perché per raggiungerla bisognerebbe raddoppiare la capacità di spesa della Pa", spiegano gli esperti.

2. I ritardi su scuola e città

Sono soprattutto le scuole a fare fatica con ritardi causati dai pochissimi progetti presentati soprattutto dal Meridione d'Italia: i quasi 5 miliardi del Pnrr per mettere gli Istituti scolastici al passo con gli standard europei sono praticamente bloccati. È così da proroghe di un mese si è arrivati a sei mesi con il rimbalzo di responsabilità per determinare chi è il colpevole. "Il ritardo è maturato prima dell’insediamento di questo governo", ha sottolineato a dicembre il ministro dell’Istruzione, Giuseppe Valditara. Situazione simile per l'economia circolare nei centri urbani rallentati dalla mancanza di progetti e dalla lentezza delle graduatorie.

3. Carenza di personale nelle Pa

Con il Pnrr si sarebbe dovuto assistere a un incremento di figure nelle Pubbliche amministrazioni ma accanto ai numerosi concorsi sono state altrettante le rinunce: sotto organico non si può certo rafforzare la macchina amministrativa degli enti locali, gli stessi che si devono occupare delle risorse europee. In pratica è come un cane che si morde la coda: i mezzi economici ci sono ma per impiegarli a dovere mancano le giuste figure professionali. Qual è la causa? La mancanza di professioni e competenze molto specializzate quali ingegneri, architetti ma anche gli esperti delle procedure europee senza i quali è difficile saper manovrare con cura l'enorme macchina del Piano. Clamorosamente, per fare un esempio, il rapporto Formez ha indicato che ben il 71,6% dei posti vacanti è rimasto così.

4. Il problema inflazione

Anche se da qualche settimana si iniziano a registrare i primi segnali di miglioramento, l'inflazione ha senz'altro azzoppato gli investimenti a causa dei costi lievitati di cui parlava il sottosegretario Durigon. Le gare per le grandi e piccole ore sono state dominate dal caro-prezzi galoppante dei materiali che hanno rappresentato costi esorbitanti rispetto a quanto preventivato inizialmente. IlSole24Ore ricorda, per esempio, l'1,248 miliardi di euro assorbiti per l'Alta velocità Palermo-Catania per coprire il surplus di costi da inflazione nelle opere pubbliche e i 732 milioni di euro per la Tav Salerno-Reggio Calabria. Rete Ferroviaria Italiana (Rfi) ha assorbito, da sola, più della metà del denaro previsto per le operee indifferibili a causa dei rincari sui prezziari.

5. La grana del Superbonus

I cantieri del Superbonus hanno avuto un effetto domino indiretto anche sul Pnrr: se le imprese possono chiedere allo Stato fino 30% ma il ministero dell'Economia inizialmente garantisce il 10%, ecco che la parte rimanente dovrà essere versata dall'ente che appalta previa disponibilità nelle sue casse. Questo meccanismo, però, si è bloccato migliaia di volte a causa della mancanza di liquidità in quelle amministrazioni che non godono di buona salute. "Il problema si trascina nei passaggi successivi perché le regole chiedono agli enti attuatori di inserire nel sistema Regis le fatture 'quietanzate', cioè pagate, per poter ottenere l’erogazione delle rate successive dei finanziamenti", spiegano gli esperti economici.

6. Il "cervellone" unico

Poco fa abbiamo menzionato il Regis: come si legge sul sito dell'Agenzia per la Coesione Territoriale, si tratta dell'unica modalità "attraverso cui le Amministrazioni centrali e territoriali, gli uffici e le strutture coinvolte nell’attuazione possono adempiere agli obblighi di monitoraggio, rendicontazione e controllo delle misure e dei progetti finanziati dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza". Regis è quindi rivolto a diffondere e monitorare i dati del Pnrr e supporta "gli adempimenti di rendicontazione e controllo previsti dalla normativa vigente".

Il problema è che alcuni ministeri hanno chiesto in passato che gli enti attuatori utilizzassero altri sistemi informatici, uno per ogni dicastero, rallentando enormemente i procedimenti.

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