Clandestini, stop alle sentenze morbide

da Roma

Entrare da clandestino o favorire l’ingresso irregolare di uno straniero in Italia è comunque un reato. Anche se il clandestino è soltanto di passaggio e si dichiara diretto in un altro paese. La Cassazione conferma la linea dura della legge Bossi-Fini sull’immigrazione irregolare. Il nostro paese non è «il ventre molle dell’immigrazione clandestina», scrivono i giudici della Suprema Corte nella sentenza 6398, dando l’interpretazione più restrittiva della norma in modo anche da «tutelare gli altri Stati membri dell’Unione Europea».
Il caso in questione riguarda il ricorso della Procura di Trieste contro l’assoluzione, disposta nel maggio scorso dal tribunale di Tolmezzo, di due ucraini accusati di aver procurato l’ingresso illegale di tre loro connazionali attraverso l’Italia, violando così il trattato di Schengen. I giudici avevano ritenuto che non costituisse reato il fatto che gli stranieri transitassero nel nostro paese in quanto poi si sarebbero diretti, a loro dire, verso il paese d’origine. Il reato secondo il tribunale di Tolmezzo si sarebbe configurato soltanto se si fosse favorita «la permanenza» del clandestino in uno degli stati aderenti a Schengen.
La Cassazione però ha ritenuto di accogliere le osservazioni della Procura triestina, che sottolineava come fosse impossibile verificare se gli stranieri fossero veramente diretti verso il loro paese d’origine. Se si accogliesse una simile tesi, affermava il ricorso della Procura accolto dalla Cassazione, a quel punto si finirebbe per «rendere sostanzialmente ineffettiva la norma che punisce la clandestinità». Insomma la Procura faceva notare che un clandestino potrebbe sempre dire che stava per tornare a casa per essere automaticamente assolto.
Una tesi accolta dalla Suprema Corte. «Il favoreggiamento dell’immigrazione clandestina costituisce reato di pericolo sicché è sufficiente ad integrarlo la condotta diretta a procurare l’ingresso illecito dello straniero dall’Italia nel territorio di uno Stato confinante del quale egli non sia cittadino o non abbia titolo di residenza permanente, a nulla rilevando né la durata di tale ingresso né la destinazione finale del trasferimento», scrivono i giudici di Cassazione.
E se è vero che su questo punto la giurisprudenza può apparire contrastante i giudici supremi sottolineano come non sia ipotizzabile «che il legislatore italiano abbia pensato di punire lo straniero che dichiari di volersi recare in Austria per rimanervi, e di non punire lo straniero che dichiara di recarsi in Austria solo per transito, lasciando poi all’autorità austriaca di accertare se le intenzioni dello straniero sono state poi effettivamente realizzate». Una contraddizione evidente che ha indotto la Cassazione ad accogliere il ricorso annullando così l’assoluzione.
Sul fronte dell’immigrazione regolare sono in arrivo novità nelle modalità di rinnovo e rilascio dei permessi di soggiorno. Il ministro Giuliano Amato ha diramato una direttiva che assegna direttamente ai comuni il compito di rilasciare e rinnovare i permessi in rapporto con le Questure. Il progetto che partirà in via sperimentale in alcuni comuni sarà coordinato dal sottosegretario Marcella Lucidi.

Il Viminale annuncia pure l’istituzione di un’agenda telematica condivisa tra questure, Sportelli Unici e uffici postali in modo che nel presentare la domanda lo straniero sia subito informato sulla data dell’appuntamento in questura. Per il rilascio del primo permesso sarà lo Sportello Unico dell’immigrato a dare allo straniero la data di convocazione presso la questura.

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