Claudio Fava, musica da brividi

Claudio Fava, musica da brividi

(...) Non c’entra niente con questo Sanremo, Carlo. Anche se è certo che, se c’è una giustizia, stravincerà il premio della critica. Oddio, se ci fosse una giustizia, stravincerebbe il Festival. Molto meglio, intanto, puntare all’obiettivo minimo: «Arrivare a domani e non essere eliminati oggi. Perchè così avremo la possibilità di esibirci insieme a Gil Dor, il chitarrista-produttore che lavora abitualmente con Noa ed è uno degli strumentisti più originali che io conosca. E insieme a Galliano, il solista francese di bandoneon che è fra i jazzisti europei più consciuti al mondo».
Meritano di vincere e, quindi, non vinceranno.
Meritano di vincere perchè il merito è tutto di Carlo e Noa l’ha riconosciuto tutto. Ma le televisioni continuano a dire «la canzone di Noa». Meritano di vincere perchè Fava descrive la sua compagna di avventura con parole che sono un’altra canzone, un’altra poesia: «La voce di Noa è un sogno che rivela una qualche verità...E’ un lampo luminoso che sta fra il giorno e la notte, fra la luce e le tenebre...E’ un altare, una nave, una tavola di pietra...E’ un mercato, un luogo di nascita...E’ un luogo d’abbandono e di svenimento...La voce di Noa ti costringe a interrogarti sul mistero stesso della voce e della musica...E’ la nota del creatore nella penombra dell’alba...E’ grido d’animale, parola mistica, voce, voce, voce...».
Uno che parla e scrive così, Sanremo non lo vince.
Poco male, perchè Fava un posto nell’altro Festival, nel nostro Festival, nel Festival del Giornale di Genova e della Liguria, ce l’aveva comunque. Perchè aveva tutte le caratteristiche adatte: innanzitutto perchè è un grande musicista e una persona con cui è un piacere avere a che fare. E poi perchè è riuscito a cantare piazza Alimonda senza retorica, nè autocompiacimenti. E poi perchè ha portato Beppe Grillo alla musica, affidandogli nel 1998 Dottore, duetto fra il comico genovese e Mina nell’album Cremona.

E poi perchè, secondo le regole che ci siamo dati per dare diritto a salire sul nostro palco, lui è stato all’Ariston altre due volte: sia all’Ariston del Tenco, nella penultima edizione, quando ha divertito ed emozionato con le canzoni del suo ultimo album, su tutte Cofani e portiere, autoanalisi a botte di ironia; sia all’Ariston del Festivalone, quando nel 1993 cantò nella categoria Giovani In caduta libera dall’ottavo piano. Arrivando penultimo, appunto.
E poi perchè, quando ha suonato a Genova, al teatro della Gioventù, eravamo in pochissimi, ma siamo usciti tutti con i brividi. Non era il freddo.

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