La clinica mai finita occupata da clandestini

Doveva ospitare un centinaio di anziani, ma i lavori si sono fermati nel 2003. E i locali vuoti sono diventati il rifugio di molti immigrati

Sara Parmigiani

Due anni fa la prima segnalazione, le prime foto, le prime lamentele. In questo quartiere a ridosso di viale Monza la gente parla poco, ma a dire molto sono i loro sguardi. Gli occhi di queste persone sembrano ormai rassegnati a imbattersi in una costruzione grigia e spoglia che occupa metà della via. Dovrebbe da tempo essere pronta ad ospitare un centinaio di anziani, invece nei suoi locali vuoti trovano rifugio piccoli gruppi di extracomunitari, alcuni soli, altri con la famiglia.
La «Residenza anziani» di via Pindaro è al centro di una vicenda che è ancora in attesa del suo lieto fine. L’interruzione dei lavori di costruzione della clinica, a quattro anni dal loro inizio nel 1999, è stata determinata da un contenzioso tra il Consorzio Emiliano Romagnolo, al quale era stato assegnato l’appalto, e l’Amministrazione comunale. La giunta del Comune di Milano ha deliberato nel luglio 2003 la risoluzione del contratto, a causa dei pesanti ritardi nell’esecuzione, ma pare che i tempi si siano allungati quando si è reso necessario sciogliere il contratto anche con la seconda società, costringendo il Comune a rifare l’appalto. Intanto, tra l’erba alta che cresce nel cortile dell’edificio, ha trovato un posto per sè lo scheletro di un’automobile, in breve raggiunto da un lavandino, da un paio di materassi e da un oggetto che un tempo poteva essere una sedia. Questo perché i muri abbandonati della clinica sono diventati presto il luogo adatto per chi, mosso dalla disperazione necessaria per fare di un cantiere una casa, ha occupato quelle stanze abbastanza silenziosamente, alle orecchie delle autorità, ma con un forte impatto sulla vita dei residenti. Mentre in tutta la struttura si ammucchiano rifiuti, il fascicolo relativo all’opera viene archiviato: nella seduta consiliare del 4 ottobre 2004 il vicesindaco Riccardo De Corato dovette constatare che nell’ipotesi più ottimistica l’iter che avrebbe portato al riappalto avrebbe richiesto almeno un anno. In questo anno, bisogna darne atto, al posto della rete di filo di ferro è sorta una massiccia recinzione esterna. Con due dei tre cancelli aperti, forse per evitare che gli occupanti si facciano del male scavalcandoli. Così il nostro fascicolo ricompare, alla voce «Servizi Sociali», nel Piano delle opere pubbliche previste per il 2005. Viene determinata allora la spesa necessaria per completare la casa di riposo, con all’interno un centro diurno integrato da 30 posti, oltre ai 120 posti letto.
«I finanziamenti sono stati effettivamente stanziati nel 2005, non dite che siamo fermi» informa Paolo Del Nero, collaboratore dell’assessore ai Servizi Sociali Mariolina Moioli. «La gara è già in programma per fine settembre 2006: questo permetterà alla società che si assicura l’appalto di riprendere subito il lavoro interrotto, tenendo presente che, come ogni struttura edile, è stata esposta a un inevitabile deterioramento, e si trova oggi ad aver bisogno di un intervento il più possibile repentino, non solo per impedire che degli abusivi continuino ad occuparla e danneggiarla. A questo punto - prosegue De Nero - con i lavori in corso, prevediamo circa due anni e mezzo per terminare completamente la struttura con tutti i suoi servizi. Purtroppo non è possibile risarcire il danno cosiddetto “morale”, cioè il servizio non reso fino ad ora ai cittadini, ma le prospettive forniscono solo dati positivi per quel che riguarda il futuro prossimo della clinica».

Non è proprio quel che si dice un lieto fine, ma potrebbe essere un buon inizio. Nel frattempo, infatti, dal cortile è stata rimossa l’auto. O forse è partita per le ferie con gli attuali ospiti della clinica, che al ritorno potrebbero con sorpresa trovare la «propria casa» occupata.

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