Cognetti ha il posto ma non può fare il medico

I pazienti costretti a scegliere un altro specialista fanno ricorso ai giudici. E il luminare si rivolge al Tar

Francesca Angeli

da Roma

Il professor Francesco Cognetti può fare il direttore scientifico dell’Istituto Regina Elena ma non può visitare i suoi pazienti. Neppure all’interno dell’Istituto in regime di intramoenia come prevede la legge. E i malati che chiedono di essere seguiti da Cognetti vengono invitati a rivolgersi ad un altro medico o ad andarsene, come denuncia in una lettera inviata al Giornale una paziente del professore che chiameremo Rossi.
La signora che da tre anni viene seguita dall’oncologo e che ovviamente non intende cambiare medico per ragioni di fiducia pochi giorni fa, mentre si trovava nella sala d’aspetto del Regina Elena in attesa del consueto controllo, ha avuto l’amara sorpresa. Le è stato detto che Cognetti non poteva più visitare i suoi pazienti visto che aveva preferito fare il direttore scientifico piuttosto che esercitare la libera professione.
Una situazione che vede coinvolti molti pazienti del professore. Tanto che una decina di loro ha deciso di ricorrere al Tribunale civile di Roma, tramite l’avvocato Scozzafava, rivendicando il diritto ad essere curati proprio da Cognetti richiamando anche l’articolo 32 della Costituzione.
Insomma la sentenza del Consiglio di Stato che ha reintegrato Cognetti nel suo ruolo di direttore scientifico non ha chiuso la tormentata vicenda del Regina Elena iniziata quando il ministro della Salute, Livia Turco, ha rimosso dall’incarico l’oncologo con una decisione presa in splendida solitudine.
Con la sentenza del Consiglio di Stato il professore è sì ritornato al suo posto ma a quanto pare gli è stato impedito di esercitare la professione e i suoi pazienti, «orfani» del loro medico curante, hanno fatto ricorso al Tribunale civile che terrà udienza domani.
Lo stesso Cognetti una settimana fa ha fatto ricorso al Tar per rivendicare il suo diritto di esercitare la libera professione intramoenia. Quando è stato reintegrato infatti Cognetti ha comunque lasciato l’incarico di primario, incompatibile con quello di direttore scientifico, ed ha anche rinunciato ad esercitare extramoenia, ovvero nel privato al di fuori dell’Istituto. Tutto questo però sembra non essere bastato. In sostanza a Cognetti sono state legate le mani da parte dell’amministrazione che, spiega il suo avvocato Federico Tedeschini, gli rifiuta la consegna del bollettario, strumento indispensabile per registrare le visite a nome dell’Istituto. Di fatto, insomma, Cognetti potrebbe visitare i medici soltanto a titolo «personale» senza la copertura dell’assicurazione e la tutela dell’Istituto.
L’avvocato Tedeschini dunque ha presentato ricorso al Tar per ottenere il bollettario in ragione del danno erariale che in questo modo subirebbero le casse dello stato. Tedeschini sottolinea come la legge non consideri incompatibile il ruolo di direttore scientifico con l’esercizio della libera professione intramoenia come invece sosterrebbe l’Istituto.
Chi esercita all’interno di un ospedale pubblico è tenuto a versare una quota fissa del suo introito alle casse dello stato. E dunque l’impossibilità di visitare i suoi pazienti impedisce a Cognetti pure di incassare quella quota che andrebbe allo Stato. Ecco perché Tedeschini ricorre al Tar per danno erariale.

In sostanza l’Istituto ha posto l’oncologo di fatto di fronte a un aut aut: o rinuncia al suo ruolo di direttore scientifico o rinuncia ai suoi pazienti. Ora toccherà al Tar e al Tribunale di Roma stabilire se tale richiesta è legittima.

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