Appena lanno scorso in Francia è stata varata una legge che contiene un articolo a dire poco sorprendente: lobbligo di ricordare, nellinsegnamento scolastico, anche gli aspetti positivi del colonialismo. Un provvedimento del genere, ovvio, non intende risolvere un problema storiografico bensì cercare di dirimere dei problemi sociali. Basta ricordare le rivolte recenti nelle periferie parigine, il cui sugo era, molto semplicemente: ci avete voluti con la forza e poi accettati come francesi, ora trattateci come tali. Il governo ha dunque inteso, con la singolare norma, smussare la punta di certe rivendicazioni degli ex colonizzati e attenuare i sensi di colpa che una storiografia del colonialismo sempre negativa ha instillato nei francesi come in altri popoli che hanno vissuto e vivono esperienze simili.
I limiti territoriali e temporali del colonialismo italiano fanno sì che da noi il problema sembri ancora soprattutto storiografico perché non sono davvero molti gli abitanti dellex impero che si sono trasferiti e impiantati in Italia. In sostanza: abbiamo portato più sviluppo o distruzione delle economie locali? Quanto lavere impiantato il germe della democrazia (come in Somalia, quando ci venne affidata dallOnu nel dopoguerra) compensa loggettiva segregazione razziale che imponemmo negli anni prefascisti e fascisti? Infine, labusato e insoluto tema: italiani «brava gente» o brutali padroni?
Su questultimo aspetto si può ormai concludere che, pur non mancando affatto di violenza e spirito di sopraffazione, il nostro spirito conciliativo fu maggiore rispetto a quello di altri popoli dominanti: allaltero autoisolamento che caratterizzava in particolare gli inglesi, gli italiani individualmente opponevano il tentativo di stabilire buoni rapporti con le popolazioni. Un numero monografico del mensile Geo, bellamente illustrato, cerca di rispondere anche alle altre domande con lintervento di alcuni storici, Sergio Romano, Giano Accame, Nicola Labanca, Angelo Del Boca. Ma interessa soprattutto lintervento attualizzante di Ian Buruma, olandese di evidenti origini coloniali, oggi docente di Democrazia e Diritti umani al Bard College di New York: «LOccidente non deve usare il senso di colpa che gli deriva dal colonialismo come scusa per non attaccare, quando è il caso, le dittature dellex mondo coloniale. Non è possibile sostenere che, per le crudeltà che abbiamo commesso nel passato, non abbiamo più diritto di criticare».
Lultima frase di Ian Buruma ci porta diritto al problema dei più recenti effetti dellantico colonialismo mondiale e al suo rovesciamento attuale: è evidente, infatti, che lEuropa è sottoposta a uninvasione da parte degli ex colonizzati. Anche senza prendere in considerazione lipotesi di un piano strategico globale nato ai vertici del mondo islamico, il semplice calcolo dello sviluppo demografico della nuova invasione musulmana dimostra che entro pochi decenni i musulmani con cittadinanza europea saranno una minoranza rilevantissima, se non la maggioranza.
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.